Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Il Sud resta una grande emergenza nazionale
Il recente accordo firmato tra il Governo e le Regioni Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, che prevede maggiore autonomia per i territori più ricchi e avvantaggiati del Paese, ci impone una riflessione sulle difficoltà che il Sud continua ad avere e che purtroppo continuano ad aggravarsi. Una analisi, ancor più necessaria, alla luce del successo leghista alle recenti elezioni. Dobbiamo inoltre leggere la strepitosa affermazione elettorale del M5S come un fortissimo, forse ultimo, segnale democratico, che i cittadini del Mezzogiorno hanno lanciato a tutto il Paese: servono politiche, misure concrete e nuove classi dirigenti in grado di imprimere una svolta decisiva. Non crediamo nel destino cinico e baro e nemmeno nei complotti della storia, ma pensiamo che buona parte dei problemi che ancora non permettono al Meridione di competere con le regioni più sviluppate, si devono ad una governance del territorio sicuramente inadeguata. La crisi, di fatto, ha accentuato i grandi problemi del Sud e sta invece permettendo alle regioni del Centro-Nord di avviarsi verso un nuovo modello di sviluppo e di nuovo lavoro. Governare le politiche di sviluppo industriale, coordinare le strategie, attraverso una struttura che abbia un mandato chiaro e non subordinata ai tempi della politica, deve diventare un obiettivo primario. Dentro questo quadro c’è l’emergenza dell’emergenza: al Sud ci sono circa 1 milione e 800 mila ragazzi e ragazze che non studiano, non lavorano, tragicamente emigrano. Dal 2009, circa 400mila dal Sud verso il Nord, un terzo della popolazione di quella età! Che ne sarà di loro? Possono solo le politiche “Regionali” del nostro Mezzogiorno fermare questa silenziosa tragedia? Le politiche economiche pensate in questi anni per il Sud non ci confortano, gli investimenti pubblici, che potrebbero fare da volano per la ripresa dell’economia, creare posti di lavoro e migliorare le complessive condizioni di contesto sono stati addirittura in calo nel 2016. Il «secessionismo finanziario», tanto agognato da forze politiche che di qui a poco potrebbero governare il Paese, potrebbe mettere definitivamente in discussione la già tanto complicata coesione sociale e la garanzia di poter aspirare a pari diritti e condizioni per tutti i cittadini.