Casa mia affonda nel risotto

La versione senza pasta della carbonara è liquida e salata. Si salvano le polpette

Econ questo il poker delle delusioni è servito. Mi dispiace. Eppure continuo ad avere piena fiducia in chi mi ha segnalato questo Casa mia, invogliandomi a «arrampicarmi» a Trecase alle pendici del Vesuvio, per testare una cucina semplice, ma gustosa, quella cucina cioè di cui si avverte sempre più spesso l’esigenza per prendere una boccata d’ossigeno dopo tanti astrusità e manierismi. Purtroppo la realtà si è rivelata diversa: molti piatti non risultano equilibrati, il difetto (da matita rossa o blu) è sempre in agguato. Innanzitutto bisognerebbe tenere fede al nome: la cucina di casa è altra. Tranne che per il piatto d’ingresso: ottime polpette al sugo (1): morbide, giusto il rapporto tra la carne e il pane, affogate nel pomodoro profumato col basilico. Qualche scricchiolio si avverte sull’altro antipasto: il tortino di alici, mollicce e stracotte, è condito con salsa dolce di datterino giallo, che io, in controtendenza, non userei mai sul pesce. La burrata aumenta il tasso di dolcezza a un piatto che esigerebbe acidità e che, in mancanza, risulta flat. Il cedimento strutturale si verifica sul sedicente risotto alla carbonara (2): liquido, stracotto e salato. I mezzi paccheri con baccalà sanno solo di olive e capperi. Discreta la costoletta di maiale che, tuttavia non sembra, considerata la proporzione tra la carne e il grasso, di razza nero casertano. Le cipolle di tropea di accompagnamento risultano eccessivamente dolciastre. Meglio le scarole ordinate come contorno. La tendenza non s’inverte nemmeno col polpo con burrata e pistacchio (3). Apprezzabile solo l’asterisco i carta che indica correttamente che il cefalopode potrebbe essere decongelato. L’idea di fondo è probabilmente cercare il gioco di contrasti tra il freddo e il caldo, ma l’effetto non è piacevole perché il latticino risulta troppo freddo. Tiramisù e panna cotta sono fini e gustosi. Almeno il dolce...