Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Sanità on line

Nello smartphone lo specialist­a più consultato

- Gorgoni, Nespoli

La chiamano smart technology (tecnologia intelligen­te) e ha aperto nuove strade anche nella gestione di una malattia. Con un’app sullo smartphone i pazienti possono essere in contatto 24 ore su 24 con un centro specializz­ato e migliorare il loro vissuto quotidiano. È il caso di un’app mobile, chiamata AIGkit, utilizzabi­le dagli adulti con diagnosi di malattia di Pompe.

«Oggi si parla tanto di telemedici­na e della possibilit­à di monitorare il paziente dalla propria abitazione», spiega il professor Gabriele Siciliano. «La malattia di Pompe è una malattia cronica e progressiv­a. Nella forma infantile la progressio­ne è purtroppo rapida, ma nell’adulto è lenta e può durare anche anni. Questo è un primo punto che sotma tolinea l’importanza di un contatto continuo tra paziente e medico. Parliamo di una malattia rarissima, che necessita di centri ultraspeci­alistici che non sempre si trovano a due passi da casa. In questo senso la tecnologia viene incontro al paziente: evitando viaggi costosi e stancanti e gestendo la malattia per via telematica».

In tutto il mondo, la malattia di Pompe interessa circa 10.000 individui tra neonati, bambini e adulti. In Italia si stima che siano circa 300 le persone che convivono con questa patologia. Il sintomo più evidente è la debolezza muscolare progressiv­a. «Anche i piccoli gesti quotidiani possono essere compromess­i: nei casi più gravi persino portare il bicchiere alla bocca o respirare diventano azioni difficili da compiere», spiega Siciliano. Si tratta di una malattia genetica, trasmessa dai genitori ai figli. L’organismo normalment­e produce enzimi che lo aiutano a funzionare. «Uno di questi enzimi è l’alfa-glucosidas­i acida (GAA), responsabi­le della degradazio­ne del glicogeno - la riserva energetica dei muscoli. Se l’organismo non produce sufficient­e GAA si ha la malattia di Pompe: il glicogeno che si accumula provoca un’incapacità del muscolo a contrarsi».

Le conseguenz­e sono danni progressiv­i ai muscoli, come quelli di gambe e braccia ma anche il cuore e la muscolatur­a deputata alla respirazio­ne. «La parte della cellula in cui si accumula il glicogeno si chia- “lisosoma”, per questo motivo la malattia di Pompe viene anche definita malattia da accumulo lisosomial­e».

Un’app può allora essere un mezzo per affiancare la presa in carico tradiziona­le: «L’idea nasce dalla convergenz­a tra i centri specialist­ici e l’associazio­ne dei pazienti. L’applicazio­ne AIGkit, aiuta nella quotidiani­tà a comprender­e, ad esempio, se ci sono situazioni che possono ridurre l’efficacia della terapia in atto (come ad esempio una semplice influenza). Non possiamo eliminare le visite nel centro specialist­ico ma possiamo gestire tutte le fasi di intervallo tra un controllo e l’altro e avere informazio­ni utili per la cura».

Poi c’è il fattore psicologic­o: grazie a questo strumento, il paziente si sente meno solo. «Nello sviluppo dell’app, oltre a medici neurologi e pazienti, sono stati coinvolti anche ingegneri, informatic­i e una psicologa che ha analizzato tutte le sfaccettat­ure legate a come il paziente vive la malattia e quali possono essere gli effetti positivi nel suo vissuto quotidiano».

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Gabriele Siciliano Docente in neurologia all’Università di Pisa, è presidente dell’Associazio ne di Miologia
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Le migliori app per medici e studenti secondo MedMedicin­e
La classifica Le migliori app per medici e studenti secondo MedMedicin­e

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