Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Cura del carcinoma polmonare È in atto la rivoluzione tecnologica
La terapia a bersaglio molecolare identifica le mutazioni nelle sequenze del Dna
Ci sono importanti novità nel trattamento del carcinoma al polmone, uno dei tumori più letali al mondo (41 mila casi annui solo in Italia), in particolare quello non a piccole cellule. Soprattutto, porta risultati lo studio dell’identikit molecolare dei tumori, con la ricerca scientifica che ha compiuto negli ultimi anni progressi straordinari, aprendo la strada a nuove prospettive terapeutiche anche attraverso il contributo della cosiddetta «patologia molecolare predittiva», con cui è diventata una realtà clinica la possibilità di analizzare alterazioni a carico di geni, come «egfr» ed «alk».
Quest’ultima, in particolare, è una mutazione che comporta una fusione di due geni. Un incontro che favorisce la crescita tumorale e la formazione di metastasi, in soggetti tra 45-50 anni, anche non fumatori. Dunque, un lavoro per identificare le mutazioni che avvengono nelle sequenze del Dna dell’ammalato, che ha un identikit genetico diverso dagli altri, per poi colpire in modo preciso le anomalie molecolari responsabili della crescita del tumore.
Danilo Rocco, oncologo dell’azienda dei Colli di Napoli (uno dei centri di riferimento nel Sud per il trattamento dei tumori polmonari attraverso la medicina molecolare) spiega che è in atto «una rivoluzione nella cura dei carcinomi polmonari non a piccole cellule e nella terapia a bersaglio molecolare, un tipo di terapia farmacologica per la cura dei tumori indirizzata a contrastare i meccanismi specifici del processo di carcinogenesi, ovvero formazione e crescita del cancro, delle singole neoplasie. In questo contesto – aggiunge - la figura professionale del patologo molecolare è divenuta fondamentale. Con un test di biologia molecolare effettuabile sul campione proveniente dalla biopsia o sul sangue, può indicare all’oncologo il paziente che più si gioverà di questo tipo di terapia». Rocco, che ha realizzato assieme a Umberto Malapelle, patologo del dipartimento di Sanità pubblica, della Federico II, un opuscolo dal titolo: «Non Small Cell Lung Cancer, dalla diagnosi morfologica alla caratterizzazione molecolare», spiega inoltre che «la patologia molecolare predittiva interviene anche sugli sbilanciamenti di espressione di determinate proteine, (per esempio PD – L1), per definire il percorso terapeutico migliore per i pazienti affetti da tumore del polmone non a piccole cellule. Inoltre, l’implementazione di tecnologie avanzate di biologia molecolare, come il sequenziamento genico di nuova generazione, nella pratica clinica, ha aperto una nuova frontiera per la selezione dei pazienti con neo-
plasie polmonari alle terapie più adeguate, consentendo di analizzare le mutazioni del gene “egfr” anche in frammenti di Dna che vengono rilasciati in circolo dal tumore (pratica che viene identificata con il nome di biopsia liquida), quando il campione di tessuto (che ancora oggi rappresenta sicuramente il “gold standard”) è stato esaurito per portare a termine il dovuto percorso diagnostico».
Nella lotta contro il carcinoma polmonare si riserva un posto anche l’immunoterapia, che funziona con un meccanismo d’azione completamente diverso rispetto ad altre cure, perché non utilizza farmaci che vanno a colpire direttamente le cellule tumorali ma agiscono sul sistema immunitario: lo attivano per aggredire e combattere il tumore tramite gli anticorpi normalmente presenti nel nostro organismo, e anche in questo campo lo studio della quantità totale delle mutazioni genetiche il cosidetto «tumor mutational burden» sembra offrire un ottimo sistema di predizione di risposta ad i farmaci immunoncologici. Il sistema immunitario, una volta attivato, riesce a contenere la crescita del tumore. «E così – conclude Rocco - dopo tante delusioni e senza sensazionalismi penso che siamo finalmente sulla strada giusta, almeno per cercare di cronicizzare la malattia, quindi prolungare e migliorare la vita dei pazienti».