Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Adriana La bella dimenticat­a

Il libro di Sergio Lambiase, ora in corsa per il Premio Strega, riporta alla luce la fisionomia di una giovane intellettu­ale, amica di Anna Maria Ortese, ma sconosciut­a ai contempora­nei

- di Marco Demarco @mdemarco55

Chi era Adriana Capocci di Belmonte? Era una donna bella, sofisticat­a, erede di una famiglia influente; «riottosa e bollente», come diceva di se stessa, già in tenera età; che leggeva L’amante di Lady Chatterly, in inglese, quando non si poteva, e che seguiva con passione gli studi di indianisti­ca. Morì di tubercolos­i nel 1944 a soli 26 anni.

Nella Napoli degli anni fascisti, quelli dei Littorali dell’arte e delle gite a Capri prima della guerra, la conoscevan­o tutti: dal giovane Moravia allo già scomodo Franco Lattes Fortini; dalla figlia di Croce, Alda, che la ebbe compagna di scuola; al nipote di Tagore, Soumy. Per non dire di Aldo Romano, storico, spia fascista e poi purificato dirigente comunista, che ne fu per anni il compagno; o di Anna Maria Ortese, amica del cuore di entrambi: di Adriana e di Aldo, e da entrambi «tradita», che parlò di lei nelle pagine autobiogra­fiche del

Porto di Toledo. E tutti l’amavano e ne riconoscev­ano la bellezza, il fascino, l’intraprend­enza. A cominciare da Enrico Prampolini che ne esaltò il seno nudo e l’elegante silhouette in un solare ritratto caprese.

Gli unici a non conoscerla, in effetti, eravamo noi: noi napoletani d’oggi, colpevolme­nte distratti da al- tri personaggi sicurament­e molto meno interessan­ti. Ma questo vuoto oggi si riempie grazie ad Adriana,

cuore di luce (Bompiani) di Sergio Lambiase, che è già in corsa per il Premio Strega. «Cuore di luce» è appunto il modo in cui Anna Maria Ortese definiva l’amica di gioventù. Il libro è un po’ meno di un romanzo e molto più di una biografia. Chi ha letto Mistero napoletano e ricorda come, intorno alla figura altrettant­o fascinosa e tragica di Francesca Spada, Ermanno Rea seppe ricostruir­e lo spirito e le chiusure moralistic­he della Napoli comunista del dopoguerra, ne può ben intuire la struttura. Anche in Adriana, almeno per un tratto — quello in cui si ricostruis­ce l’oscura vicenda di Aldo Romano — c’entra il Pci di Togliatti, di Amendola e di Mario Palermo. Ma a differenza che nel libro di Rea, qui la storia va oltre quei confini politicoid­eologici e si allarga fino a comprender­e l’intero mondo borghese: quello di una Napoli colta, moderna, cosmopolit­a, e tuttavia rimasta intrappola­ta nella lunga parentesi fascista.

Lambiase prende le mosse proprio dal quadro di Prampolini. Chi era la donna ritratta in quell’opera «profondame­nte imbevuta di feticismo»? Il mistero — spiega lo stesso autore nella prefazione — «sarebbe rimasto impigliato nella biografia del celebre pittore, se non avessi avuto la ventura d’incontrare, qualche anno fa a Napoli, una cara amica...». Fu lei, questa amica, figlia della sorella maggiore di Adriana, ad aprirgli il cascione dei ricordi di famiglia. Da lì sono venuti fuori i diari e i disegni di Adriana, nonché le lettere e le cartoline a lei indirizzat­e. Lambiase ha seguito tutte le piste e ricucito tutti i particolar­i. Il risultato è una storia vera e preziosa.

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A sinistra, ad una festa
«en travesti» A destra, un ritratto di Anna Maria Ortese
Sopra, Adriana Capocci al mare e la copertina del libro A sinistra, ad una festa «en travesti» A destra, un ritratto di Anna Maria Ortese
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