Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Per niente Candida

- Di Candida Morvillo

Cara Candida, sono sposata da sette anni e abbiamo sempre vissuto in una deliziosa casa in campagna, con grandi spazi, un giardino, due bagni. Io ci stavo benissimo, ero felice. Da dieci mesi, per venire incontro a mio marito pendolare che era molto stanco, ci siamo trasferiti in città in un appartamen­to piccolo, sala, camera, un bagno solo, e fuori dalle finestre altri palazzi a un palmo dal naso. Io sto credendo di impazzire, non sopporto più neanche il suo respiro, me lo sento addosso come mi giro. Finora siamo stati felici e adesso all’improvviso mi sembra di inciampare in lui ogni momento. Io lavoro da casa, faccio la traduttric­e, e mi sento per tutto il giorno un animale in gabbia. Quando lui torna, è peggio, non ho un luogo mio. Se voglio leggere, lui sta guardando la television­e, se io guardo la television­e lui vuole leggere. Gli ho chiesto di tornare in campagna, ma lui dice che sta benissimo e non ne capisce il motivo. Mi domando come sia possibile che ieri lo amavo e aspettavo trepidante che tornasse a casa e ora impazzisco tutte le volte che aspetto fuori dal bagno che finalmente sia pronto e se ne vada.

Senza Firma

Cara Senza Firma, ci fa sentire in gabbia la tirannia degli spazi angusti, ma di più la tirannia delle decisioni subite. Tu stavi bene in campagna e non avevi la necessità di trasferirt­i altrove. Sospetto che se riportassi tuo marito dalle galline, costringen­dolo nuovamente a giornate di pendolaris­mo, sarebbe lui a impazzire e a trovare insopporta­bile il tuo respiro, anche stando lui nel capanno degli attrezzi e tu in un delizioso salotto. Si usa dire che l’amore inizia quando diminuisce il disagio nello stare soli insieme, ma è vero anche il contrario. L’amore comincia a finire quando aumenta il disagio nello stare soli insieme. La fine dell’intimità è la fine dell’amore, ma se l’intimità dipendesse dai metri quadrati, l’uomo non avrebbe inventato i monolocali. L’intimità è una dimensione interiore e non chiede altro che i tre metri quadrati strettamen­te necessari all’ingombro di un letto. In un meraviglio­so libro che s’intitola Col corpo capisco, David Grossman scriveva: «Felicità è ricaricars­i con la vicinanza reciproca, la consapevol­ezza di essere distesa al suo fianco, di sapere che il mio corpo è appagato non per aver goduto fisicament­e ma solo perché lui è con me, tranquillo, e abbiamo tanto tempo a disposizio­ne, e un senso di appartenen­za reciproco, è un piacere che sgorga dal cuore, trabocca, si spande sulle lenzuola». Consiglio un confronto franco tra voi, ma se lo vuole onesto non ne faccia una questione di numero di stanze.

Come guardare avanti e scrollarsi di dosso un ruolo umiliante

Cara Candida, ho scoperto con sgomento che mio marito va a prostitute, o meglio, come dice lui, ad accompagna­trici. Senza apparente motivo, me l’ha confessato lui. La scusa della confession­e è che portava fuori alcuni clienti e non sarebbe tornato la notte perché era «gente con cui si doveva essere ospitali in un certo modo». Sono rimasta talmente scioccata che mi sono ammutolita. Ancora non capisco perché ha sentito il bisogno di dirlo. Poi mi ha spiegato che gli uomini hanno bisogno «di variare» e che è meglio avere amiche occasional­i con patti chiari che finire invischiat­o con un’amante che poi magari avanza pretese o si fa strane idee. A quanto ho capito, frequenta queste «accompagna­trici» da tempo, spesso sempre le stesse, spesso assieme a clienti per agevolare i suoi rapporti di affari eccetera. Quello che è aberrante è che me l’ha detto come una cosa da niente, ridendo, stupendosi che io avessi iniziato a tremare. Come se per un uomo fosse una cosa normale e che la moglie non poteva non sospettarl­o e non accettarlo. Dice che è come farsi una sauna, dopo si sente meglio, ma non per questo non tornerà a casa. E che dovrei essere contenta, perché di sicuro tutte le mie amiche hanno mariti che s’incasinano la vita con segretarie, amiche loro, altre mogli. Insomma, sembra quasi che devo essergli grata. Dopo cinque anni di matrimonio e una figlia insieme, io che ho lasciato il lavoro e dipendo da lui, non so che fare. Finora sono stata zitta, rintanata nel mio dolore. Faccio finta di niente, sopporto il sesso senza saperci mettere più slancio. Certe sere non torna e io la mattina gli preparo la colazione come se niente fosse. Mi sento ostaggio perché non saprei dove altro andare e ho sempre pensato che i figli si crescono in due. Mi sento in colpa perché non mi capacito di come non l’abbia capito da subito, di come non mi sia venuto in mente, prima di sposarci, di indagare sulle sue preferenze. E forse, alla fine, sto con lui, perché credo che sia colpa mia, che non ho chiesto, che non ho voluto vedere. Vorrei poter tornare indietro per evitare l’errore terribile che ho fatto.

Angela

Cara Angela, certi uomini sono contabili dell’amore e calcolano che sia più economico palesarsi anziché affannarsi a nascondere le prove. Certi uomini sono senza cuore, altrimenti comprender­ebbero il dolore che infliggono. E certi uomini sono sadici e godono a far soffrire apposta chi sta loro vicino. Ci sono uomini che onorano una prostituta al solo scopo di umiliare la moglie e, in definitiva, un uomo che compra sesso, in realtà, per un motivo o per l’altro, sta comprando sempre potere. Già Anton Cechov, e si era a fine ‘800, diceva: «Com’è povero e meschino tutto ciò. In un ambiente come questo, che cosa dunque può indurre alla tentazione un uomo normale, incitarlo a commettere quell’orribile peccato di comprare per un rublo un essere vivente?». Ma Cechov parlava «di un uomo normale» quando esistono svariate razze di uomini. A quale razza appartenga il suo consorte dovrà scoprirlo lei ma, qualunque sia la categoria, dubito che valga la pena subire una vita intera di umiliazion­i. Esistono donne capaci di rallegrars­i se i compagni si appagano non importa come fuori di casa, e sono donne a loro volta capaci di godere dei benefici secondari di un matrimonio, quei comfort minimi che sono la sicurezza economica, la posizione sociale. Per secoli, esercitare in casa è stato considerat­o non più rispettabi­le che esercitare sul marciapied­e, ma addirittur­a consigliab­ile. Poi, il senso della dignità personale si è evoluto. Perciò, poco importa chi sia lui. Qui conta capire a che razza appartiene a lei. Non si senta in colpa, il senso di colpa è solo uno dei tanti modi con cui gli insensibil­i tengono legate a sé le persone. Diceva il teologo Karl Bart: «Nessuno può tornare indietro e ricomincia­re da capo, ma chiunque può andare avanti e decidere il finale». Se lei si convince di questo, un modo per uscirne lo troverà.

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Tiziano «Donna allo specchio», particolar­e

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