Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«Era ormai il collante della sua famiglia Soffrì molto per Luca»
La moglie Laura Tibaldi: la compagnia andrà a Decaro
Da un «Natale in casa
NAPOLI Cupiello» all’altro, dalle versioni originali dei primi anni ’30 della Compagnia «Il Teatro Umoristico. I De Filippo» a quella aggiornata e messo in scena fino allo scorso mese di gennaio al Teatro Parioli di Roma. «Il caso ha voluto – spiega Laura Tibaldi, moglie di Luigi De Filippo e responsabile della sua compagnia, I due della città del Sole, – che la parabola artistica di questo grande attore, gentiluomo e maestro di tanti giovani colleghi, avesse inizio e fine con la stessa commedia. Mi raccontava spesso del suo esordio a tre anni dietro le quinte dello spettacolo a cantare “Tu scendi dalle stelle”. Un ricordo così vivo che lo aveva spinto dopo tanti anni a chiedere al cugino Luca i diritti per mettere in scena lui stesso il celebre capolavoro di Eduardo, che aveva sancito il successo dei tre fratelli De Filippo».
Una richiesta subito accordata.
«Luca fu ben contento di lasciare a Luigi la possibilità di allestire “Natale”, anche a costo di qualche taglio di personaggi, visto il numero enorme di attori richiesti dal copione. “Fa’ tu – gli disse Luca – con te stiamo in buone mani”».
Testimonianza dell’affetto e della stima professionale che legava i due cugini.
«I loro rapporti erano ottimi, anche se, per motivi professionali non si vedevano spesso. Indimenticabili il loro abbraccio alla cerimonia per i 30 anni dalla morte di Eduardo in Senato e il ricordo che Luigi fece di Luca all’indomani della sua scomparsa. Una morte che non accettò mai fino in fondo. “Ma come è possibile – ripeteva - o’ guaglione se ne è andato così presto”. Luca per Luigi restava sempre un ragazzo, fra di loro c’erano ben 18 anni di distanza e dopo è come se Luigi avesse iniziato una sorta di lento declino fisico. In fondo erano due facce della stessa medaglia».
Luigi rappresentava un elemento di coagulo familiare, mai un giudizio sbilanciato sulle tensioni fra lo zio Eduardo e il padre Peppino.
«Anzi, ricordava sempre di una domenica a Napoli, in cui accompagnò Peppino a trovare Eduardo in albergo, prima che andasse in scena al San Ferdinando, dove a fine serata i due si rincontrarono in pubblico abbracciandosi».
Come se Luigi avesse svolto da sempre il ruolo di nume tutelare della famiglia e della sua grande tradizione?
«È proprio così. Aveva Napoli e il suo teatro nel sangue e tutti i suoi sforzi professionali sono andati sempre in questa direzione. Valorizzare il lavoro del padre Peppino, il proprio come autore di commedie da “Storia strana su una terrazza napoletana” a “La fortuna di nascere a Napoli”, e dell’intera famiglia, da quelle di Scarpetta a quelle di Eduardo come “Non ti pago”. Aveva poi un progetto, “De Filippo racconta De Filippo”, in cui presentare al pubblico una raccolta di divertenti aneddoti familiari. Un progetto che purtroppo non potrà più realizzare».
Invece, che ne sarà della sua eredità teatrale?
«La compagnia continuerà a vivere e a farlo nel segno del suo indirizzo artistico. Negli ultimi tempi Luigi aveva contattato Enzo Decaro per affidargli un ruolo importante. Infatti sarà lui il protagonista del prossimo allestimento di “Non è vero ma ci credo”».
Napoli, sempre dentro di sé, anche dopo averla lasciata per Roma.
«Il suo era un amore straordinario per la città in cui era nato. Una città madre e matrigna, però, da cui si sentiva un po’ trascurato e da cui si sarebbe aspettato qualche riconoscimento in più».
Anche per il ricordo dopo morte?
«Noi siamo qui. Se la città vorrà, saprà come trovarci. Ora spetta a lei onorare al meglio un suo figlio illustre».
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Lo avevamo già deciso Sarà Enzo protagonista del nuovo allestimento di
“Non è vero ma ci credo”