Corriere del Mezzogiorno (Campania)
L’EFFETTO DOMINO DELLA CRISI
Il commissariamento della Fondazione Banco Napoli è un evento straordinario. In positivo e in negativo. In positivo, perché dopo una estenuante partita a scacchi fatta di conflitti giudiziari, responsabilità politiche e amministrative, giochi di potere e tra poteri, il Governo si assume finalmente la responsabilità di tirare una linea e di azzerare tutto. Una vittoria di quanti, in primis il Corriere del Mezzogiorno, avevano ripetutamente chiesto con forza di squarciare il velo di indifferenza che, inspiegabilmente, questa vicenda portava con sé. Ma, è inutile negarlo, il commissariamento rappresenta l’ennesima prova di debolezza della politica ed una manifestazione, l’ennesima, della evidente crisi della città. È la prima volta in Italia che viene commissariata una fondazione bancaria. Un atto di una gravità assoluta. E accade a Napoli. E ancora una volta proprio da Napoli parte il chiaro segnale di una incapacità delle istituzioni locali e dei partiti di leggere adeguatamente la realtà, di fornire le risposte e le spiegazioni adeguate ai fenomeni che connotano la vita delle comunità che governano. Infatti che la più antica istituzione culturale della città sia stata esposta ad una crisi spaventosa, pare sia cosa che non riguardi alcuno. Non un commento, una dichiarazione, una opinione sul merito della vicenda. Eppure, la tendenza a chiosare l’infinitesimale è tratto caratteristico dei politici di queste parti.
Prendiamo il caso del sindaco: il suo perdurante silenzio rimane inspiegabile. Ma non basta. Quando di recente sono stati nominati i consiglieri di competenza del Comune, le scelte di de Magistris non sono apparse minimamente all’altezza della situazione. Ancora una volta, dunque, come dai tempi di Tangentopoli in poi, a Napoli la politica è costretta a rincorrere e a subire i tempi e le iniziative dettate prima dai giudici e poi dalle autorità amministrative, dimostrando ciò che è ormai palese, ovvero l’assoluta mancanza di visione strategica sui temi. E se, come risulta dai primi atti , l’iniziativa del Ministero dell’Economia che ha condotto al commissariamento sembra abbia preso le mosse dalla presumibile presenza di una pluralità di conflitti di interesse, da contestazioni sulle modalità di gestione delle partecipazioni bancarie o delle varie istituzioni culturali che gravitano attorno alla
Fondazione, oltre che delle molteplici società da essa controllate, allora si ha l’idea di come un intero sistema rischi di crollare per un banale effetto domino. E non è tutto, perché sullo sfondo del commissariamento rimane irrisolta, e pesante come un macigno, la questione del diritto della città e della Fondazione al risarcimento, o all’indennizzo, di quanto perso a seguito della clamorosa svendita del Banco di Napoli. Quel che appare certo è che, da adesso in poi, tutti gli attori in campo saranno costretti a giocare la propria partita. Il commissario dovrà preparare il terreno su cui dovranno insediarsi i nuovi organi di gestione e di controllo, il Consiglio Generale dovrà ratificare le nomine rimaste in sospeso e fornire alla Fondazione e alla città chiari principi di indirizzo per il rilancio dell’Ente, la politica dovrà assicurare nomine di prestigio e di alto profilo in grado di assicurare alla Fondazione e ai napoletani il pronto riscatto che meritano. A tutti, infine, l’onere di tenere dritte le antenne e sempre desta l’attenzione sui fatti della città. Che, anche quando sembrano riguardare le sorti e i destini di pochi, coinvolgono tutti perché affondano le radici nel tessuto connettivo della nostra comunità. La classe dirigente impari: voltare lo sguardo, tacere, ostentare indifferenza, non basta a cancellare la realtà.