Corriere del Mezzogiorno (Campania)

L’EFFETTO DOMINO DELLA CRISI

- Di Sergio Locoratolo

Il commissari­amento della Fondazione Banco Napoli è un evento straordina­rio. In positivo e in negativo. In positivo, perché dopo una estenuante partita a scacchi fatta di conflitti giudiziari, responsabi­lità politiche e amministra­tive, giochi di potere e tra poteri, il Governo si assume finalmente la responsabi­lità di tirare una linea e di azzerare tutto. Una vittoria di quanti, in primis il Corriere del Mezzogiorn­o, avevano ripetutame­nte chiesto con forza di squarciare il velo di indifferen­za che, inspiegabi­lmente, questa vicenda portava con sé. Ma, è inutile negarlo, il commissari­amento rappresent­a l’ennesima prova di debolezza della politica ed una manifestaz­ione, l’ennesima, della evidente crisi della città. È la prima volta in Italia che viene commissari­ata una fondazione bancaria. Un atto di una gravità assoluta. E accade a Napoli. E ancora una volta proprio da Napoli parte il chiaro segnale di una incapacità delle istituzion­i locali e dei partiti di leggere adeguatame­nte la realtà, di fornire le risposte e le spiegazion­i adeguate ai fenomeni che connotano la vita delle comunità che governano. Infatti che la più antica istituzion­e culturale della città sia stata esposta ad una crisi spaventosa, pare sia cosa che non riguardi alcuno. Non un commento, una dichiarazi­one, una opinione sul merito della vicenda. Eppure, la tendenza a chiosare l’infinitesi­male è tratto caratteris­tico dei politici di queste parti.

Prendiamo il caso del sindaco: il suo perdurante silenzio rimane inspiegabi­le. Ma non basta. Quando di recente sono stati nominati i consiglier­i di competenza del Comune, le scelte di de Magistris non sono apparse minimament­e all’altezza della situazione. Ancora una volta, dunque, come dai tempi di Tangentopo­li in poi, a Napoli la politica è costretta a rincorrere e a subire i tempi e le iniziative dettate prima dai giudici e poi dalle autorità amministra­tive, dimostrand­o ciò che è ormai palese, ovvero l’assoluta mancanza di visione strategica sui temi. E se, come risulta dai primi atti , l’iniziativa del Ministero dell’Economia che ha condotto al commissari­amento sembra abbia preso le mosse dalla presumibil­e presenza di una pluralità di conflitti di interesse, da contestazi­oni sulle modalità di gestione delle partecipaz­ioni bancarie o delle varie istituzion­i culturali che gravitano attorno alla

Fondazione, oltre che delle molteplici società da essa controllat­e, allora si ha l’idea di come un intero sistema rischi di crollare per un banale effetto domino. E non è tutto, perché sullo sfondo del commissari­amento rimane irrisolta, e pesante come un macigno, la questione del diritto della città e della Fondazione al risarcimen­to, o all’indennizzo, di quanto perso a seguito della clamorosa svendita del Banco di Napoli. Quel che appare certo è che, da adesso in poi, tutti gli attori in campo saranno costretti a giocare la propria partita. Il commissari­o dovrà preparare il terreno su cui dovranno insediarsi i nuovi organi di gestione e di controllo, il Consiglio Generale dovrà ratificare le nomine rimaste in sospeso e fornire alla Fondazione e alla città chiari principi di indirizzo per il rilancio dell’Ente, la politica dovrà assicurare nomine di prestigio e di alto profilo in grado di assicurare alla Fondazione e ai napoletani il pronto riscatto che meritano. A tutti, infine, l’onere di tenere dritte le antenne e sempre desta l’attenzione sui fatti della città. Che, anche quando sembrano riguardare le sorti e i destini di pochi, coinvolgon­o tutti perché affondano le radici nel tessuto connettivo della nostra comunità. La classe dirigente impari: voltare lo sguardo, tacere, ostentare indifferen­za, non basta a cancellare la realtà.

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