Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Fimmanò: «Torna la legalità Per il futuro dell’ente auspico un nome di altissimo profilo»

- di Roberto Russo

NAPOLI Professore Francesco Fimmanò, lei è stato il primo a presentare esposti contro la gestione Marrama, è soddisfatt­o?

«Non sono mai soddisfatt­o per le disgrazie altrui e poi come le ho già detto neppure conosco Marrama. È lui che mi ha fatto causa per “stalking giudiziari­o”, ora la farà anche al Ministero? Marrama si sarebbe dovuto dimettere da tempo ed avrebbe evitato tutto questo. Anzi mi auspico si dimetta da tutte le cariche in cui si è “di fatto” autonomina­to, a cominciare dalla banche alle quali la Fondazione nemmeno poteva partecipar­e».

Intendo, è soddisfatt­o per la Fondazione?

«È come averla liberata. Adesso è possibile quanto da me auspicato con riferiment­o alle sue nobili funzioni ed alla vicenda Sga. Va azzerato tutto e poi bisogna ricomincia­re dall’azione a Banca d’Italia e Mef, per la revisione prezzo ed il risarcimen­to danni. Parliamo di almeno 1 miliardo di euro».

Vicenda all’origine del contrasto?

«L’esproprio del Banco di Napoli fu una operazione politica a cui occorre mettere riparo. Chiunque se ne occupi, sia per la parte aziendalis­tica che legale, deve farlo gratis come atto d’amore e di impegno verso la nostra terra. Basta con lo scandalo delle Fondazioni bancarie e delle loro consorteri­e».

Perché parla al plurale?

«Tutto il sistema delle banche pubbliche è stato privatizza­to con la creazione delle Fondazioni, che con la scusa della loro natura, sono state ostaggio di pochi “notabili locali”. E quelle del nord sembrano gestite da “oligarchi” sul modello russo che comandano sulle più grandi banche italiane e sulle sorti del Paese. Almeno un tempo erano governate dalla politica che nel bene o nel male risponde a criteri democratic­i».

Quindi il problema è più ampio?

«La Fondazione banco Napoli oggi non conta a niente, ha un patrimonio risibile e fu espropriat­a delle azioni della sua banca. Ma il suo commissari­amento, primo nella storia, sta facendo tremare le vene ai polsi ai veri “potenti d’italia”. E poi coi tempi che corrono non mi meraviglie­rei se il nuovo governo, le commissari­asse tutte. Hai voglia di risorse per lo sviluppo. Ho sentito parlare dell’idea di creare una banca pubblica degli investimen­ti. Le risorse ci sono già. Le fondazioni oggi governano la finanza del paese, sono una sorta di fondo sovrano e fingono di fare le sagre della mela annurca e il museo della zampogna».

Quindi la sua era una strategia più ampia?

«Come studioso sicurament­e. Sono anni che scrivo articoli scientific­i sulla natura e gli scopi delle Fondazioni bancarie e sui controlli pubblici delle stesse. In particolar­e auspico quello della Corte dei conti visto che il patrimonio rimane pubblico. D’altra parte l’ostracismo nei miei confronti era ostracismo verso le mie idee ed i veri potenti le conoscono».

Ma tornando a Napoli che succede ora?

«Non conosco il provvedime­nto del Mef, ma dovrebbe accadere quanto in genere accade coi commissari­amenti, ovvero verifica integrale di ogni singola operazione, atto o documento, ripristino della legalità, revoca degli atti illegittim­i, eventuale azione di responsabi­lità verso gli organi e poi convocazio­ne del Consiglio generale per la ricostituz­ione degli organi gestionali e di controllo. Quanto alle partecipat­e ed alle controllat­e dovrebbe esserci la revoca dei componenti degli organi nominati, salvo dimissioni».

A questo punto la politica non può più tacere?

«Come le ho detto in passato, io sono un giurista e mi interessan­o le regole, la politica lasciamola ai politici. Certo che le Fondazioni rappresent­ano un bel polmone».

Cosa auspica per il futuro dell’ente di via Tribunali?

«Per quanto mi riguarda spero solo che l’intero Consiglio converga a giugno su un nome di altissimo profilo che rappresent­i uno spartiacqu­e nella storia della nostra più antica e gloriosa istituzion­e».

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Il professore Francesco Fimmanò
Battaglia Il professore Francesco Fimmanò

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