Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Fimmanò: «Torna la legalità Per il futuro dell’ente auspico un nome di altissimo profilo»
NAPOLI Professore Francesco Fimmanò, lei è stato il primo a presentare esposti contro la gestione Marrama, è soddisfatto?
«Non sono mai soddisfatto per le disgrazie altrui e poi come le ho già detto neppure conosco Marrama. È lui che mi ha fatto causa per “stalking giudiziario”, ora la farà anche al Ministero? Marrama si sarebbe dovuto dimettere da tempo ed avrebbe evitato tutto questo. Anzi mi auspico si dimetta da tutte le cariche in cui si è “di fatto” autonominato, a cominciare dalla banche alle quali la Fondazione nemmeno poteva partecipare».
Intendo, è soddisfatto per la Fondazione?
«È come averla liberata. Adesso è possibile quanto da me auspicato con riferimento alle sue nobili funzioni ed alla vicenda Sga. Va azzerato tutto e poi bisogna ricominciare dall’azione a Banca d’Italia e Mef, per la revisione prezzo ed il risarcimento danni. Parliamo di almeno 1 miliardo di euro».
Vicenda all’origine del contrasto?
«L’esproprio del Banco di Napoli fu una operazione politica a cui occorre mettere riparo. Chiunque se ne occupi, sia per la parte aziendalistica che legale, deve farlo gratis come atto d’amore e di impegno verso la nostra terra. Basta con lo scandalo delle Fondazioni bancarie e delle loro consorterie».
Perché parla al plurale?
«Tutto il sistema delle banche pubbliche è stato privatizzato con la creazione delle Fondazioni, che con la scusa della loro natura, sono state ostaggio di pochi “notabili locali”. E quelle del nord sembrano gestite da “oligarchi” sul modello russo che comandano sulle più grandi banche italiane e sulle sorti del Paese. Almeno un tempo erano governate dalla politica che nel bene o nel male risponde a criteri democratici».
Quindi il problema è più ampio?
«La Fondazione banco Napoli oggi non conta a niente, ha un patrimonio risibile e fu espropriata delle azioni della sua banca. Ma il suo commissariamento, primo nella storia, sta facendo tremare le vene ai polsi ai veri “potenti d’italia”. E poi coi tempi che corrono non mi meraviglierei se il nuovo governo, le commissariasse tutte. Hai voglia di risorse per lo sviluppo. Ho sentito parlare dell’idea di creare una banca pubblica degli investimenti. Le risorse ci sono già. Le fondazioni oggi governano la finanza del paese, sono una sorta di fondo sovrano e fingono di fare le sagre della mela annurca e il museo della zampogna».
Quindi la sua era una strategia più ampia?
«Come studioso sicuramente. Sono anni che scrivo articoli scientifici sulla natura e gli scopi delle Fondazioni bancarie e sui controlli pubblici delle stesse. In particolare auspico quello della Corte dei conti visto che il patrimonio rimane pubblico. D’altra parte l’ostracismo nei miei confronti era ostracismo verso le mie idee ed i veri potenti le conoscono».
Ma tornando a Napoli che succede ora?
«Non conosco il provvedimento del Mef, ma dovrebbe accadere quanto in genere accade coi commissariamenti, ovvero verifica integrale di ogni singola operazione, atto o documento, ripristino della legalità, revoca degli atti illegittimi, eventuale azione di responsabilità verso gli organi e poi convocazione del Consiglio generale per la ricostituzione degli organi gestionali e di controllo. Quanto alle partecipate ed alle controllate dovrebbe esserci la revoca dei componenti degli organi nominati, salvo dimissioni».
A questo punto la politica non può più tacere?
«Come le ho detto in passato, io sono un giurista e mi interessano le regole, la politica lasciamola ai politici. Certo che le Fondazioni rappresentano un bel polmone».
Cosa auspica per il futuro dell’ente di via Tribunali?
«Per quanto mi riguarda spero solo che l’intero Consiglio converga a giugno su un nome di altissimo profilo che rappresenti uno spartiacque nella storia della nostra più antica e gloriosa istituzione».