Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Arienzo lancia la «corrente» del Super Santos
Il capogruppo in Comune scuote l’Harambee. «So cos’è la povertà»
Federico Arienzo, capogruppo dem al Comune di Napoli, sabato scorso, a Roma, durante la convention di Matteo Richetti, sul palco, ha tirato fuori un pallone. E «la politica del Super Santos».
Cos’è la politica del Super Santos? «Non è un calcio alla cattiva politica, quando questo pallone lo passo ad un altro gli sto dando un compito: vai e fai gol. È un’altra prospettiva». In un partito dove il pallone è mio e me lo porto via, uno che lo tira agli altri colpisce. Anche il segretario reggente, Maurizio Martina che, una volta sceso dal palco, gli fa: ma dove stavi tu? «A Napoli, in consiglio comunale e prima municipale». Eccolo il capogruppo dem, Federico Arienzo che tira calci in tutti i sensi. Troppo morbido con Luigi de Magistris, troppo duro con Vincenzo De Luca («il familismo mi fa schifo», è diventata una frase cult a liste chiuse e in piena campagna elettorale). «Basta fare o dire qualcosa e diventi subito antipatico a molti. Sarà il prezzo dell’eresia?».
Non c’è dubbio che a Napoli Arienzo capogruppo è indigesto a parecchi. Renziano e antirenziano in un colpo solo, ora richettiano, sabato scorso alla convention del portavoce nazionale dem «Harambee» ha strappato più applausi di tutti. Pure Gianni Cuperlo l’ha ringraziato su Facebook: «Grazie Federico per quello che hai detto ieri e per come lo hai detto. E conta molto». «Un onore davvero — ora dice —. Anche perché anche il nostro gruppo ha una Cuperla, è la nostra to e il massimo che succede è che ci si attacca a vicenda, lì non conquisteremo mai un voto». Inizia così, Arienzo, col Super Santos sotto il braccio e molta retorica buonista. E racconta la storia di un ragazzino di Caivano («uno dei posti più poveri e depressi d’Europa») che giocando a calcio gli racconta che vuole fare l’astronauta: «Due anni fa avevo deciso di abbandonare la politica dopo 10 anni di municipio e lui dice questa cosa a Caivano: voglio fare l’astronauta. Fare politica ha un senso solo se quel ragazzo potrà fare l’astronauta. La povertà non va raccontata, va vissuta». E a quel punto rivela: «Io mi sono formato nella povertà, nella ricchezza non avevo capito nulla. La mia famiglia era ricca, quando io avevo 12 anni abbiamo perso tutto. Avevamo anche i mobili pignorati. Quando veniva l’ufficiale giudiziario io gli chiedevo: per favore la tv no, perché guardo l’Uomo Tigre. Mai una vacanza. Ho lavorato e studiato, mi sono laureato. E non rimpiango nulla. Ho avuto una famiglia meravigliosa. Però e perciò m’arrabbio quando il Pd perde nei quartieri popolari. Perché li abbiamo lasciati soli, come all’epoca noi siamo stati lasciati soli». E sempre dal palco: «Capibastone, tessere, liti, questo è il Pd. Segnatevi questo nome, in televisione mandate Michele Tufano. Perché quando a parlare di povertà mandiamo persone con le borse da 3.500 euro non è che non ci votano, ci odiano proprio. Mandiamo Tufano, Piero Sabbarese, Tommaso Nugnes; mandiamo i ragazzi di Caserta, Florinda Verde che abbiamo soprannominato Cuperla. Ma non perché vogliamo qualche poltrona, il nostro posto sarà sempre la strada. Dobbiamo capire chi rappresentiamo, perché nei comuni facciamo accordi con la qualunque e poi la gente non capisce più chi siamo. A Napoli, così come nel Paese, non siamo opposizione siamo minoranza. Io voglio lavorare per diventare maggioranza».
Un calcio ad un pallone. «Me lo prendo io», dice Martina. «Eh no, questo ora è il nostro simbolo», risponde Arienzo. Il movimento del Super Santos.