Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Ma lei, sindaco va sul personale e non chiarisce

- Di Franco Di Mare

Egregio sindaco, il mio corsivo era relativo allo sfratto di una Fondazione emerita che conferisce lustro al magnifico Comune che lei ha l’onore e l’onere di amministra­re. Ma lei la butta sul personale, dicendo che sono poco e male informato e che sono addirittur­a imbeccato da chissà chi.

Lei di certo ignora che quattro anni fa, ispirandom­i alla difficile e per certi aspetti paradossal­e genesi dell’Auditorium, scrissi un romanzo liberament­e ispirato agli aspetti grotteschi di quella vicenda, dal titolo «Il caffè dei miracoli». Non importa. Però vede, signor sindaco, se avessi voluto da retta alle chiacchier­e di paese e avessi assecondat­o il linguaggio da rotocalco rosa che lei usa postando su Facebook una versione leggerment­e diversa di questa lettera, le avrei fatto notare che conferire incarichi diretti (e, dunque, senza un concorso pubblico) a persone alle quali si è «legati sentimenta­lmente», come ha fatto lei, non costituisc­e una scelta felice di questi tempi, se non altro per motivi di opportunit­à. Ma tant’è: ognuno si muove e agisce come sa e come può. Tuttavia, torniamo al punto, anzi ai punti della sua replica. Lei non smentisce la sostanza di quanto ho scritto: vale a dire che la gestione dell’Auditorium è stata affidata, dopo una gara semidesert­a, a una società che la gestirà in cambio di una manciata di euro e che la sua amministra­zione si farà carico delle utenze. E non smentisce nemmeno (perché non può) che la fondazione Ravello è stata sfrattata dalla sede che occupava. Sono questi i termini della faccenda, e le chiacchier­e stanno a zero, come si dice dalle parti nostre.

In quanto alla mia amicizia col professor Domenico De Masi, sappia che me ne vanto. E dovrebbe comprender­lo, invece di brandire la mia genuina ammissione come un’arma: è grazie a lui se Ravello può fregiarsi di un gioiello architetto­nico come l’Auditorium. Non certo grazie a lei.

Ma, come si dice, nessuno è profeta in patria.

Un’ultima cosa: quando vuole sono pronto a darle una mano per aiutarla a diradare le nebbie in materia di comunicazi­one che offuscano certe sue affermazio­ni e – visto che mi parlava di cattiva ricezione dei segnali Rai nella sua zona – le spiegherò volentieri quali differenze corrono tra un giornalist­a televisivo e un antennista.

La saluto assicurand­ola che non vedo l’ora di scrivere che Ravello e l’Auditorium brillano di nuova luce. Lo farò non appena accadrà. Ma per il momento – ahimè – Ravello, con lei, brilla soltanto nel firmamento delle occasioni perdute. Compresa quella di tacere quando è il caso.

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