Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Fimmanò scrive al commissario: «Marchese è incompatibile»
Il giurista al commissario: «È vicepresidente del cda dello stabile finanziato da noi Lo Statuto dell’ente prevede un divieto esplicito, dev’essere dichiarata decaduta»
«Rosita Marchese è incompatibile nel Consiglio generale della Fondazione », lo scrive Francesco Fimmanò in un esposto al commissario.
NAPOLI Scoppia un nuovo caso nella Fondazione Banco di Napoli. Sette giorni dopo il commissariamento di cda e Collegio sindacale, disposto dal ministero delle Finanze, sul tavolo del commissario Giovanni Mottura arriva una patata bollente che rischia di decimare di un’altra unità il Consiglio generale.
La questione riguarda una possibile decadenza della consigliera Rosita Marchese, manager del mondo culturale. A sollevarla formalmente nei confronti del commissario, con una Pec, è stato il consigliere Francesco Fimmanò, ancora in attesa di reintegra nel ruolo così come disposto d’urgenza dal tribunale di Napoli.
Nel documento di undici pagine trasmesso al commissario romano viene infatti sollevata la richiesta di una declaratoria di decadenza o incompatibilità sia nei confronti di Marchese che verso un altro consigliere, Giuseppe Di Fabio, originario di Campobasso.
L’esposto è arrivato pro- prio qualche giorno dopo che si era svolta una prima riunione informale tra alcuni dei 15 membri del Consiglio e il commissario Mottura. Un incontro informale per fare il punto della situazione in vista della surroga dei cinque consiglieri dimissionari e del sesto deceduto. Invece, come l’ennesimo fulmine di una tempesta infinita, è arrivata la Pec di Fimmanò sul computer della direzione generale dell’ente di via Tribunali.
Cosa contesta il professore Fimmanò? Che Rosita Marchese si troverebbe in Consiglio generale in violazione dello Statuto della Fondazione (articolo 30, comma 1 lettera B). Cosa recita l’articolo in questione? Che sono incompatibili con la carica di consigliere «gli amministratori e i dipendenti di soggetti non istituzionali che risultino destinatari, in modo non saltuario, degli interventi della Fondazione».
Il caso specifico — denuncia Fimmanò al commissario Mottura — è quello in cui si trova la consigliera generale Rosita Marchese. L’incompatibilità deriverebbe dalla circostanza che Marchese è vicepresidente del consiglio di amministrazione del teatro stabile di Napoli. E che l’istituzione avrebbe ottenuto finanziamenti dalla Fondazione. Continua infatti il giurista: «Ebbene, nel 2016 c’è stata un’erogazione di 40 mila euro a favore dell’Associazione Teatro stabile Città di Napoli Mercadante (che gestisce Mercadante, Ridotto e San Ferdinando), erogazione quale quota associativa per l’anno in questione. Tale importo è riportato anche tra le partecipazioni della Fondazione. E ancora — aggiunge Fimmanò — ci sono 15.000 euro a favore dell’Associazione Teatro stabile Mercadante, per l’acquisto abbonamenti della stagione 2016/2017. Analogamente, altri 15.000 euro per il 2015 sempre a favore dello Stabile di Napoli per l’acquisto di 220 abbonamenti». Infine, Fimmanò fa notare al commissario «che la consigliera non ha mai fatto mancare il voto alla gestione Marrama» e ne intesse «encomi pubblici sui giornali».
Nello stesso esposto al commissario Fimmanò chiama in causa anche Giuseppe Di Fabio, sostenendo che anche quest’ultimo sarebbe incompatibile in Consiglio generale dal momento che «la sua associazione “Man Hu”di Ripalimosani (Cb) di cui è socio, non poteva avere i finanziamenti erogati dal professor Marrama e che lo stesso vale per la omonima cooperativa “Man Hu” di solidarietà sociale di cui è vicepresidente come risulta dai bilanci».
Tra l’altro Fimmanò sollecita il commissario a riunire subito il Consiglio generale per permettere la ratifica del suo ingresso e gli chiede anche di sospendere ogni attività proposta dalla gestione Marrama sulla vicenda Sga, ritenendo che sia doveroso «e normale chiedere il risarcimento per tre miliardi di euro al Mef e in subordine l’ indennizzo previsto dall’articolo 2 del decreto legge 497/96».
I contributi ai teatri Quarantamila euro nel 2016, 15 mila per abbonamenti, altri 15 mila nel 2015
Secondo il docente universitario di diritto commerciale« ogni altra condotta sarebbe stata ed è dolosamente diretta ad avvantaggiare i potenziali convenuti e a danneggiare la Fondazione ». Inoltre, proponendo« più domande nello stesso giudizio si escluderebbe la condanna laddove venisse accolta la domanda subordinata di indennizzo». E comunque« rispetto ai soldi che ogni anno ha speso la Fondazione, le spese legali sarebbero una goccia nel mare». Infine Fimmanò si dice pronto a rappresentare la Fondazione in giudizio rinunciando a ogni compensoe facendosi carico di tutte le spese legali necessarie.