Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Tatafiore: «La mia mostra di resistenza»

- Melania Guida

È la mostra di un padre che espone nella galleria del figlio. E già questa potrebbe una notizia. Non le pare? «Un fatto insolito, senza dubbio, anche perché raramente il gallerista è tanto più giovane dell’artista», fa notare Ernesto Tatafiore, pittore e psicanalis­ta di fama, che stasera, alle 18, inaugurerà la piccola mostra da 1 Opera gallery, l’atelier del figlio Pietro, che ne cura anche l’allestimen­to.

«Tatafiore a Napoli» è il titolo dell’esposizion­e a Palazzo Diomede Carafa, in via San Biagio dei Librai (fino al 3 giugno) «che mi piace definire una mostra preziosa», continua l’artista, «per la presenza di piccoli gioielli d’argento, un materiale che in verità ho già utilizzato, in coppia con l’oro, qualche tempo fa. Ma, in questo caso, con una differenza».

Quale?

«Stavolta si tratta di spille. Spille di piccole dimensioni, per donna e per uomo, legate al tema del viaggio: navi, maschere. La spille, a differenza di bracciali o altri gioielli, mi piacciono di più perché hanno la caratteris­tica di essere oggetti discreti. Si possono guardare o meno. Sono gioielli che nascono per essere agganciati a un capo, giacche, camicie, abiti. Capaci di contenere in maniera sobria. Distinguen­do».

Non solo argenti.

«Infatti. Insieme con Pietro abbiamo scelto anche una selezione di disegni realizzati negli anni Ottanta in cui predomina l’uno capovolto come simbolo della rivoluzion­e e delle possibilit­à di capovolgim­ento. Ci sono, poi, quattro serigrafie che riprendono uno dei temi centrali di tutto il mio lavoro, quello della bellezza femminile».

Il suo lavoro, ricco di simbolismo e ironia, ha sempre interagito con la prospettiv­a storica, sia dal punto vista sociale che artistica. Che genere di mostra è quella che inaugurate stasera?

«Una mostra di resistenza».

Allude alle incertezze politiche del momento?

«Non mi ci faccia pensare. Dopo il 4 marzo avevo addirittur­a pensato di cambiare paese. Di chiedere la cittadinan­za alla Grecia o alla Germania».

Tanto drammatica è la situazione? «No, drammatica no. È sempliceme­nte ridicola».

Ritorniamo al concetto di resistenza. Che cosa significa?

«Significa fare la resistenza senza le armi. Significa lavorare fino all’ultimo giorno. Senza pietà. Ecco tutto».

A proposito, come è stato lavorare con Pietro, suo figlio?

«È andato in giro per i musei di tutto il mondo da quando era piccolo. Dal carrozzino aveva perfino imparato a chiamare i taxi. Si è occupato praticamen­te di ogni cosa. Gli manca solo che dipinga».

Non teme la concorrenz­a? «Assolutame­nte no. Al pari di Klee, non ho mai pensato che in famiglia ci dovesse essere un artista soltanto».

Sguardo al futuro: prossime esposizion­i?

«Una mostra a Berlino e un’altra ad Amburgo. Per il resto, aspetto le vacanze. In Grecia, come sempre. È un paese che amo molto. Tanto che qualche volta penso davvero di esserci nato».

Dopo il 4 marzo avevo pensato di chiedere la cittadinan­za alla Grecia o alla Germania Qui da noisiamo in una situazione ridicola

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Opera di Ernesto Tatafiore

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