Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Metrò, costi lievitati di 1,6 miliardi
La Corte dei conti sulla Linea 1: la previsione iniziale sfiorava i 2 miliardi. Ma la spesa è arrivata a 3,6
L’importo iniziale previsto per l’opera era poco meno di due miliardi di euro (1.994.267.156).
Entrare in metropolitana
NAPOLI (Rione Alto) alle 6.45 e prendere al volo la Freccia Rossa delle 8, che ti farà arrivare dopo un’ora a Roma, è normale in una città che litiga con la normalità. Se poi pensi alla montagna (l’Everest, non il Vesuvio) di denaro che finora è costata e al fatto che dopo quarant’anni non è stata completata e che mancano ancora i treni, qualche domanda te la devi fare.
Chi scrive se ne fece una fondamentale su un quotidiano un quarto di secolo fa e si beccò una richiesta risarcitoria dalla società concessionaria per alcuni miliardi di lire. In sintesi raccontò, ovviamente, molto meno di quello che nelle settimane scorse la Corte dei Conti ha denunciato in un malloppo di centocinquanta pagine, pieno di numeri, documenti e giudizi che valgono come una sentenza. Una lettura illuminante, che merita un approfondimento.
La domanda di allora era molto semplice: perché la concessione iniziale, che consentiva un immenso potere di manovra al concessionario, non veniva modificata per creare una condizione paritaria tra le parti e una certezza su tempi, costi e programmi?
Nelle «valutazioni finali» la Corte dei Conti oggi risponde così: «Il perpetuarsi della vecchia concessione di committenza – senza rischi per l’affidatario e con il ricarico di spese generali attraverso la remunerazione di una serie di servizi in percentuale sul valore della realizzazione – ha fatto lievitare il costo dell’opera. Peraltro l’abbandono di tale istituto non è mai stato preso in considerazione dagli enti coinvolti, nonostante la concessione di sola costruzione (istituto bandito dall’ordinamento europeo da vari decenni) fosse stata abrogata già dalla legge 29/1994».
I costi
Lievitare il costo dell’opera… un lievito che, come neanche per un babà, ha permesso la crescita percentuale di quasi tre cifre. L’importo iniziale previsto per l’opera era poco meno di due miliardi di euro (1.994.267.156), quello aggiornato è finora di oltre tre miliardi (3.622.956.837): una variazione di 1.628.689.681, e poiché l’opera non è finita c’è tempo per il raddoppio. Il raffronto con le metropolitane di Roma e di Milano, dove sicuramente non si è badato a spese, è il seguente: i costi per metro lineare (gallerie a foro cieco e a cielo aperto) del metrò napoletano sono più cari del 14 per cento rispetto a Milano e del 21 per cento rispetto a Roma. Un divario non lieve anche considerando le «differenti condizioni al contorno e del sottosuolo tra i tre siti», vale a dire archeologia, terremoto e quant’altro. Il mercato
La concessione è avvenuta a trattativa privata «in una logica estranea a un mercato aperto» e «il ricorso al mercato non ha trovato applicazione per lungo tempo neanche per i lavori assegnati dalla concessionaria». Di aperta c’è stata la libertà di azione perché «la concessione di sola costruzione, sottoscritta negli anni Settanta, risulta uno schematico e generico contenitore di interventi, sprovvisto di definizione tecnica ed economica». Così si spiegano le varianti adottate in corso d’opera, già ritenute nel 1976 dalla Commissione interministeriale per le metropolitane «dannosissime per le conseguenze sul costo e sui tempi di realizzazione». In quarant’anni ne sono state fatte trentanove.
Il mancato ricorso al mercato viene giustificato dalla società con l’esigenza di avvalersi di partner privati specializzati. La Corte opportunamente osserva che «anche in contesti tecnici particolarmente complessi non si può derogare al principio della parità», e che, quindi, «sono contrarie ai principi della libera concorrenza le gestioni che perpetuano il coinvolgimento degli stessi soggetti privati». Gli incarichi di collaudo statico dell’opera sono stati affidati (quelli tecnico-amministrativi) al Comune e (gli statici) alla concessionaria): «Ciò — scrivono i magistrati contabili — desta perplessità, in considerazione della necessità di garantire un’assoluta imparzialità al compito di collaudatore».
Addizione e moltiplicazione
Il tracciato e i contenuti dell’opera sono stati ampliati si può dire quasi senza limiti, non solo per realizzare le stazioni delle archistar. La concessionaria si giustifica dicendo che «non si può parlare di lavori complementari e di superamento dei limiti di affidamento previsti in tema di appalto», bensì di realizzazione delle varie tratte di cui si compone la linea «attraverso la sottoscrizione di atti addizionali». La Corte non è dello stesso parere e sottolinea che per l’eccezionale ampliamento dell’affidamento si è fatto ricorso a un istituto – la concezione di sola costruzione – «equiparato, da sempre, all’appalto dall’ordinamento europeo ed estraneo alla disciplina della legge obiettivo». Peraltro «il favore nei confronti della concessionaria non solo non ha apportato un vantaggio economico, essendo state affidate le ulteriori tratte senza alcun ribasso, ma ha creato un aggravio di costi, essendo stato mantenuto l’istituto della revisione prezzi fino al 2007», che solo per la tratta Centro direzionale-Capodichino non è più previsto.
Dati e controlli
Vada per la prima tratta, per la quale «risulta difficile recuperare materiale di archivio a supporto dell’indagine», ma la Corte lamenta le rilevanti difficoltà nell’accertamento dei costi dell’opera anche perché i documenti vanno ricercati negli archivi storici del Comune «che versano in precarie condizioni di sicurezza». Di fatto il Comune «non è in grado di presentare documenti di sintesi che vedano la realizzazione della linea come progetto unitario (cronoprogramma completo, evoluzione dei costi, ecc.)».
Queste carenze diventano ancora più gravi perché «scarsa è risultata l’attenzione degli organi di controllo» e che «nonostante la rilevanza delle risorse finanziarie coinvolte, nessun organismo indipendente di valutazione o servizio di controllo interno delle strutture amministrative interessate ha proceduto a valutazioni sull’avanzamento dell’opera».
Le inchieste
Una lunga vicenda giudiziaria ha toccato l’opera: «Le sentenze, passate in giudicato, hanno affermato essere esistito un accordo economico, continuato nel tempo, in base al quale, in cambio di vantag-
I riferimenti
Per i magistrati contabili mancano documenti e controlli ma non le tangenti
gi consistente nell’adozione di provvedimenti favorevoli – quali l’approvazione di stati di avanzamento, di varianti in corso d’opera e di finanziamenti – furono versate tangenti, inizialmente ogni due mesi, ripartite in misura fissa a vari soggetti». I magistrati concludono il capitolo precisando che «ciò determinò la rilevante crescita dei costi e
l’estensione nel tempo dell’accordo contrattuale, in violazione delle norme sulla concorrenzialità, consentendo lucri illeciti con danno per
l’erario».
Ritardi, penali e mutui
In assenza di un cronoprogramma è stato possibile evitare l’applicazione delle penali per le opere non ultimate
nei tempi. Cospicui i costi per
il ricorso a trentacinque mutui senza «alcuna forma di
concorrenzialità»: «In un caso addirittura i costi per interessi sono risultati superiori a quelli per capitale».
In conclusione, Napoli ha già in larga parte una linea di metropolitana strategica per il vasto bacino che serve e che, quando sarà terminata, sarà un fondamentale fattore di modernità. Ciò, però, non può cancellare – e la relazione della Corte dei Conti lo sancisce con puntuale e dettagliata precisione – che la realizzazione di quest’opera è costata troppo ed è durata troppo. Stazioni belle e treni pochi, disagi imprevedibili (infiltrazioni d’acqua, guasti, corse saltate) e vantaggi importanti per una città che aveva e ha fame di trasporti efficienti. Dopo quarant’anni si attende ancora l’ultima pietra. La città non si smentisce: un inferno e un paradiso per diavoli e angeli.