Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Corrente del Golfo Giovani registi crescono
Alla corte di due realtà, «Parallelo 41 produzioni» e «Atelier del cinema del reale», ecco i nuovi autori (e le sorprendenti occasione di riflessioni) del cinema nostrano
Non solo fiction. Mentre il cinema narrativo made in Naples sta vivendo (come dimostra la messe di riconoscimenti raccolti nell’ultima edizione dei David di Donatello) una straordinaria stagione creativa, dal mondo partenopeo del documentario giungono sempre più confortanti segnali di un’attività ricchissima, in grado di porre le produzioni nostrane all’attenzione di una platea nazionale e internazionale. Particolare merito per questo boom va alla «Parallelo 41 produzioni» presieduta da Antonella Di Nocera e all’«Atelier del cinema del reale» diretto dal regista Leonardo Di Costanzo (regista di uno dei film più sorprendenti sulle vite di periferia, L’intervallo) che in pochi anni sono riusciti ad «allevare» una schiera di giovani registi i cui film hanno raccolto apprezzamento (e premi) in giro per il mondo: Corde di Marcello Sannino, Il segreto di Ciop&kaf, Le cose belle di Ferrente e Piperno sono solo alcuni dei titoli e degli autori che nel volgere di pochi anni hanno conquistato la ribalta nei festival specializzati; ma adesso arriva una nuova infornata di titoli che faranno ancora parlare della via napoletana (e più in generale campana) al documentario. Non una «scuola» vera e propria segnata da uno stile unico e «programmatico» – si va infatti dal racconto autobiografico al reportage etnico al ritratto del surreal-quotidiano partenopeo... – bensì una «corrente del Golfo» in grado di cogliere la realtà contemporanea in tutte le sue declinazioni.
Così tra il 2017 e il 2018 è passato, tra il Festival dei Popoli di Firenze, il Festival Filmaker di Milano e altre manifestazioni, un mannello di pellicole firmate da giovani talenti tutti under trenta (e in maggioranza donne). E uno di essi, Aperti al pubblico (già vincitore di vari premi internazionali) sarà proiettato il 26 aprile al Linz Festival crossing Europe, mentre domenica 29 sarà al Trento Film Festival. Girato da Silvia Belotti nell’Istituto per le Case popolari di Napoli, è uno spaccato memorabile del rapporto tra gli utenti che occupano (non sempre a pieno titolo) i 40mila alloggi gestiti dall’istituto e gli impiegati che per due giorni alla settimana (il martedì e il venerdì) ricevono il pubblico e provano a cercare soluzioni (im)possibili facendo lo slalom tra le rigidità dei regolamenti e le richieste dei titolari (o presunti tali) di diritti abitativi. Storie personali e iter burocratici si aggrovigliano in nodi inestricabili se non con uno sforzo di fantasia da parte degli uomini e delle donne al di là della scrivania, stretti tra scartoffie e umanità, ordini di sfratto e morosità pregresse: ogni «caso» meriterebbe un film a sé, ma la regista riesce in sessanta minuti a raccontare la messa in scena (patetica, drammatica, comunque inevitabilmente comica) di un’eterna commedia umana sospesa tra Eduardo e Balzac.
Ancora «teatro», ma con tutt’altro tono e passo in Non può essere sempre estate, presentato pochi giorni fa al Pierrot di Ponticelli, in cui Margherita Panizon e Sabrina Iannucci pedinano la faticosa messa in scena da parte di ragazzi e ragazze della periferia Est della città dell’eduardiano De Pretore Vincenzo sotto la guida del «regista di strada» Nicola. Una sorta di teatro-terapia in cui i quindicenni Maria Stella (di straordinaria comunicativa), Domenico e Alessio impareranno lentamente a tirare fuori le proprie paure e ad affrontare i propri limiti: come attori dilettanti, ma soprattutto come persone. Carlo Manzo e Francesco Romano sono invece i registi di Sub tuum praesidium: qui la periferia metropolitana lascia il posto all’asprezza senza tempo di un paesino all’ombra del Monte Somma, dove in meno di un’ora si narra in presa diretta, e senza mai distogliere lo sguardo anche dai momenti più duri, un anno nella vita di una famiglia composta solo da maturi contadini, tre fratelli e la moglie di uno dei tre. Carmela, la più anziana e molto malata, viene amorevolmente accudita dalle altre donne, l’uomo si dedica al noccioleto che va lentamente disseccandosi, così co- me la vita di Carmela. Una quotidianità scandita da riti e dall’ineluttabile, che i due autori filmano con cura da antropologi. Così come Ylenia Azzurretti segue il corso del fiume seguendone le anse più nascoste e meno «turistiche» in Volturno, tra province dimenticate, territori difficili, creature le cui vite scorrono mormorando appena come quel corso d’acqua finito fuori dalla Storia. Dentro la propria storia sta infine Caterina Biasucci con i suoi Appunti sulla mia famiglia: «Il film racconta le immagini e l’immaginario della mia famiglia composta da me, dai miei genitori, non più sposati, dalla seconda moglie di mio padre e dai due figli nati da questo matrimonio», dice la giovane regista. Appunti, ma scritti già con la bella calligrafia di chi sa fare di un’esperienza privata un’occasione di riflessione generazionale collettiva. Che è, a ben guardare, uno dei modi possibili per definire l’essenza di quella cosa chiamata cinema.
Prospettive lusinghiere Una infornata di titoli che faranno ancora parlare della via napoletana (e campana) al docufilm