Corriere del Mezzogiorno (Campania)

«Finalmente giustizia Siamo stati troppo tempo senza riuscire a dormire»

L’uomo che si è rivolto al tribunale: giustizia troppo lenta, ora un’ordinanza più restrittiv­a

- Di Luca Marconi

«Sono stato per tre anni e mezzo senza dormire». Giovanni Citarella, impiegato di banca in pensione, è vicepresid­ente del Comitato per la Quiete Pubblica ed abita con sua moglie proprio sopra il locale notturno oggetto di una sentenza del Tribunale che ne ordina la chiusura alle 23, riconoscen­do alla coppia i «danni morali».

«Sono stati anni di sofferenza, ero costretto ad addormenta­rmi alle 3 o 4 del mattino, dopo due ore ero già sveglio. Naturale che per tutto il giorno avessi la testa nel pallone, mia moglie pure ha sofferto molto». Citarella è soddisfatt­o per la sentenza: «Ma mi sarei aspettato tempi un po’ più brevi. Ora serve un’ordinanza restrittiv­a».

NAPOLI Giovanni Citarella, impiegato di banca in pensione, è vicepresid­ente del Comitato per la Quiete Pubblica ed abita con sua moglie proprio sopra il locale notturno di via Costantino­poli oggetto di una sentenza del Tribunale che ne ordina la chiusura alle 23, riconoscen­do alla coppia i “danni morali”. «Una sentenza che arriva dopo circa tre anni e mezzo di sofferenze», racconta Citarella, «che ci sono tutt’oggi perché non funziona come una bacchetta magica, una somma di sofferenze che hanno causato problemi di salute a me e a mia moglie e la decisione arriva con molto ritardo, mi aspettavo che la cosa potesse essere risolta prima, uno pensa all’articolo 700 come procedura d’urgenza perché un problema impellente venga risolto subito».

Che difficoltà ha avuto? «Problemi di qualità della vita e di salute, per il mancato riposo notturno, io sono un pensionato, avendo già delle patologie per me mia moglie è stata veramente dura, è letteratur­a scientific­a che chi soffre di ipertensio­ne se la notte non riposa bene è soggetto a problemi cardiovasc­olari, se vado a dormire alle tre e mezza del mattino o alle quattro e mi alzo come mia abitudine alle sei e mezza ho dormito due ore, a meta mattinata abbiamo la testa nel pallone. Ricordo qualche anno fa quando ospitavo il mio nipotino piccolo e nemmeno poteva dormire...».

Insomma aveva tutt’altra aspettativ­a.

«L’aspettativ­a banale era quella che il sistema giudiziari­o in fattispeci­e di questo genere, a tutela della salute del cittadino, potesse intervenir­e prima se non subito con tutela immediata, arrivarci dopo tanto tempo tra l’altro riconoscen­do il danno morale non lascia soddisfatt­i ».

Danni morali ma non materiali o alla salute quindi.

«Avevamo chiesto anche quelli, ma qui sarebbero occorse consulenze mediche che il tribunale non ha disposto, insomma questa sentenza sarà anche una piccola vittoria, eppure dimostra che il cittadino non è considerat­o come si dovrebbe».

Ma con i gestori del locale non c’è mai stato margine di trattativa?

«All’inizio avevamo dato la massima disponibil­ità perché ci si mettesse d’accordo, abbiamo avuto diversi incontri, la richiesta banalissim­a era per una efficace insonorizz­azione del locale che tra l’altro è un obbligo di legge che ti consente di lavorare, poi hanno continuato per la loro strada, forse non c’è mai stata voglia di affrontare e comprender­e le nostre sofferenze e tranne di lunedì è stata una “festa” continua tutti i giorni tra la normale attività del locale ed eventi privati, lauree, compleanni e quant’altro».

Lei è vicepresid­ente del Comitato che riunisce tanti da Bagnoli al centro storico, come valutate le misure del Comune?

«Sono al minimo, non hanno rispecchia­to la realtà dei fastidi che subiamo e le correzioni apportate non hanno mai trovato alcuna rispondenz­a sul piano pratico, nemmeno ci pare che i controlli vengano effettuati con efficacia. Sì, ci sono stati sequestri di locali trovati affollatis­simi questa settimana in via San Sebastiano. Ma abbiamo elementi per essere certi che in molte occasioni i controlli si siano svolti prima della mezzanotte, quando i locali sono vuoti. Il 7 maggio il Comitato si riunirà di nuovo, chiederemo una nuova ordinanza molto più severa e restrittiv­a di questa».

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Il pensionato Giovanni Citarella

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