Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Dialoghi sul male
Al Sud la sua faccia è (anche) lo spopolamento dei paesi Ne parleranno Arminio, Braucci, Criaco e Travaglio
Male e bene una relazione dialettica. Per esistere l’uno ha bisogno dell’altro. Se non ci fosse il male, forse, non ci sarebbe neanche Dio. Chissà? E, certamente chi vuole che il bene dilaghi nelle relazioni umane e nel rapporto con la natura, deve conoscere quanti più aspetti è possibile di questo mostro seducente. I suoi mille volti. Le sue spesso invisibili malìe.
Pensare il male, allora, scriverne, raccontarlo, svelarlo laddove si annida, neutralizzarlo con il sapere. Con la musica. Con la storia. Con il cinema. Con l’arte. Da questo parte la seconda edizione della rassegna «I dialoghi sul male» che si sabato 5 e domenica 6 a Ceraso, in provincia di Salerno, promossa insieme dal Comune dal l’ente parco del Cilento Diano e Alburni, dalla Fondazione grande Lucania dall’associazione Festinalente e dal Liceo Parmenide di Vallo della lucania.
Quest’anno discuteremo del disfacimento che sembra colpire intere comunità. Dello spopolamento come uno degli aspetti della desertificazione. Come la causa dell’avarizia del racconto che non ha più materia per dispiegarsi e per mostrare. Solo anziani sulle soglie di case che già appaiono segnate dall’abbandono tanto sono senza vita o solo abitate da scampoli di comunità smarrite.
Il Cilento, soprattutto quello che non affaccia sul mare, sembra destinato ad una vertiginosa riduzione di quella fonte straordinaria di cultura che sono le relazioni, le amicizie, i giochi , le pratiche, le abitudini, i soprannomi.
Le ragazze e i ragazzi che restano, parlano una lingua che non è il dialetto e affidano agli smartphone i loro desideri condensati in una icona che dice felicità, rabbia, solitudine, consenso, disappunto in meno di una frazione di centimetro. Partecipano di una comunicazione planetaria che è resa possibile e si nutre proprio della scomparsa delle identità locali e dei singoli e delle singole. Tanto che chi prova a contrastare questo inesorabile sbiadirsi riproponendo antiche consuetudini, vitigni, colture, musiche e parole appare fuori del tempo. Testimone di un sogno impossibile. Lo spopolamento e le sue cause dispongono di un apparato simbolico che lo rendono incontrastato futuro. Prezzo da pagare alla modernità. Alle luci false e menzognere del progresso.
Pensare una strategia di contrasto richiede forza simbolica e materiale. Chi non accetta che lo spopolamento si trasformi in destino deve avere dalla sua parte tanto pensiero, tanta cultura, tanta sintonia con altre esperienze che possono essere punti di riferimento pre-testi di riflessione e di consapevolezza.
Serve una nuova alleanza fra le generazioni. La condivisione consapevole della scelta di non andarsene
Due giorni certamente non bastano. Non bastano le buone intenzioni, questo si sa. Ma due giorni di confronto, di parole, di sintonie, di progetti possono servire da detonatore. Possono accendere un desiderio. Possono trasformarsi in una virtuosa abitudine soprattutto per i ragazzi e le ragazze ma non solo. Possono spingere la politica, le Istituzioni il mondo della cultura ad uscire dalla normale amministrazione e, forti di una riflessione collettiva, dare alle scelte e ai programmi, alle opere e ai giorni, un nuovo slancio, nuove idee radicate saldamente nel passato e capaci di interpretare il presente come conseguenza di ciò che è stato. Contro l’abbandono. Contro la dimenticanza. Perché «il male è l’illimitato non l’infinito e solo l’infinito limita l’illimitato».