Corriere del Mezzogiorno (Campania)
È medievale, il principe Arechi non c’entra niente
Scavi archeologici hanno rivelato che la costruzione risale ai Bizantini. La malìa di San Pietro a Corte
Da secoli la mole della Turris Maior sovrasta e protegge la città di Salerno. La consuetudine l’ha sempre identificata come un’opera di Arechi, primo principe longobardo di Salerno, ma la sua costruzione è da ricondurre ai Bizantini nel corso della guerra greco-gotica, che si combatté aspramente nelle nostre zone nel corso del VI secolo. L’intervento longobardo, di Arechi II, nel secolo VIII, fu quasi inesistente, come hanno rivelato gli scavi archeologici condotti nel 1993. Il principe rivolse la sua attenzione essenzialmente alla ricostruzione delle mura di cinta della città, che munì di un valido perimetro difensivo che dal castello si prolungava fino al mare, inglobando l’intero abitato, con uno schema triangolare il cui vertice nord era rappresentato dallo stesso maniero.
La posizione strategica, la presenza dell’acqua, ben 13 cisterne erano presenti nel perimetro, ha fatto si che non sia mai stato espugnato: tutti gli assedi si sono conclusi sempre con trattati. In epoca medievale nessuna dinastia ha mai abitato il maniero, se non per un breve periodo in età angioina dove i rinvenimenti di manufatti pregiati come ceramica invetriata e vetro e la realizzazione di un piccolo balneum, hanno suggerito una differente frequentazione del luogo.
La cappella palatina di San Pietro a Corte è l’unico ambiente superstite dello straordinario palazzo fatto edificare a Salerno dal duca di Benevento Arechi II, all’indomani della caduta del Regno longobardo d’Italia nelle mani dei Franchi di Carlo Magno (774). Dal 1988 l’area è stata oggetto di una campagna di indagini concentrate sulla cappella dedicata a San Pietro. Gli scavi hanno riportato alla luce i resti di un complesso termale romano, databile al I-II secolo d.C., su cui, in seguito si sono innestate le fondamenta della cappella di palazzo. La terma occupava tutta l’area che, secoli dopo, sarà indicata come Curtis Dominica, dove il duca, poi principe Arechi II (758787), nel 774 costruirà il suo splendido palazzo. Si trattava, dunque, di una chiesa privata, alla quale si accedeva attraverso un loggiato che la collegava alle sale del palazzo. Secondo il Chronicon Salernitanum, un’opera anonima scritta a Salerno nella seconda metà del X secolo, la cappella era stata situata a nord del complesso residenziale arechiano e costituiva la parte più settentrionale dell’intero palazzo.
I reperti rinvenuti nel corso delle indagini archeologiche hanno permesso di ricostruire la splendida decorazione dell’ambiente, la parte bassa della parete absidale era stata impreziosita da un complesso decoro in opus sectile, composto da tessere in marmo miste a tessere realizzate con una lamina a foglia d’oro, mentre le pareti laterali e i sottarchi delle finestre ospitavano decorazioni ad affresco.
L’apparato decorativo della cappella risultava concluso da un’epigrafe dedicatoria (titulus), che correva all’interno della chiesa, lungo le pareti laterali, di cui sono stati ritrovati consistenti frammenti. Il testo dell’iscrizione venne dettato dal monaco longobardo Paolo Diacono, vicino alla famiglia del principe Arechi II e forse presente a Salerno durante gli anni in cui la cappella veniva edificata.