Corriere del Mezzogiorno (Campania)
NIENTE ALIBI ADESSO SI PUÒ SPENDERE
Prima di lasciare Palazzo Chigi, Gentiloni si è ricordato di Napoli. E come promesso ha chiuso l’antica faccenda del debito cittadino risalente agli anni del terremoto, quello dell’ormai noto Consorzio Cr8. Parliamo di circa 80 milioni. Una cifra che, vantata dai creditori, aveva portato al pignoramento della cassa comunale e, di conseguenza, al blocco della spesa, con relativa caduta di qualità dei servizi pubblici. A proposito: conoscendo la Napoli «sgarrupata» del dopoterremoto, ma quali lavori avranno mai fatto quelli del Consorzio? Quali infrastrutture avranno realizzato? Sarebbe interessante saperlo, prima o poi. In ogni caso, ora le chiavi della cassa cittadina tornano nelle mani del sindaco, e questo è ciò che conta. In più, il sindaco ha anche reso onore a Gentiloni. «È stato corretto e leale», ha detto. Tutto bene, allora? Non proprio. Intanto, è vero, e bisogna sottolinearlo senza imbarazzo: questa partita del debito «ingiusto» l’ha vinta de Magistris e l’hanno persa invece i «gufi», quelli come il Pd, per intenderci, che speravano forse di riscattare la propria irrilevanza politica attraverso un gesto ostile di Gentiloni. Ma detto questo, è vero anche che de Magistris deve ora stare molto attento. E non tanto perché quello del Cr8 è solo un capitolo di una storia debitoria molto più ampia e complessa, fatta di conti comunque non ancora in ordine. Ma essenzialmente, perché l’esito positivo della battaglia per la cancellazione del debito potrebbe ora, paradossalmente, ritorcersi proprio contro lo stesso sindaco, ritornargli in testa come un boomerang.
Più si impancherà a vincitore, più si vanterà di essere stato un buon combattente istituzionale, come al tempo della legge Severino e del sindaco «di strada», infatti, e più de Magistris dovrà ora dimostrare di saper fare buon uso dei fondi sbloccati. Altrimenti, perché la battaglia? E perché la vittoria? In altre parole, torneranno le funicolari di notte? Rivedremo i bus alle fermate? Si rimetterà in moto la macchina della manutenzione urbana? Se tutto rimarrà come prima, per il sindaco saranno guai: questo è evidente.
Del resto, l’opinione pubblica cittadina comincia a farsi sentire. Sia ai piani «bassi»: si pensi agli eroi civili di cui ha parlato Polito a proposito del movimento anti-movida. Sia a quelli «alti». Prendiamo de Laurentiis. Parlando dei lavori del San Paolo, il patron del Napoli ha messo esplicitamente in dubbio la capacità di spesa degli amministratori cittadini: sono «pippe», ha detto mutuando, e poteva risparmiarselo, il linguaggio del governatore al tempo del duello con Di Maio, Fico e Di Battista. E poi ha dato addirittura del «fesso» ad Attilio Auricchio, capo di gabinetto del sindaco per non aver fatto uso di finanziamenti disponibili. Tutti segni di una forte insofferenza. Oltre che di una cattiva abitudine a non sapersi trattenere nel parlare in pubblico. Ma questa è la realtà. In più, ora nell’ambito di una opinione pubblica «strutturata» bisogna calcolare gli elettori grillini, e anche questo non gioca a favore del sindaco.
Tutta la vicenda del debito, però, ci dice anche altro. Mette in evidenza, infatti, l’assoluta inadeguatezza dei controlli sulla spesa degli enti locali. Quelli della Corte dei conti, ad esempio, arrivano sempre troppo tardi, e quando arrivano risultano il più delle volte sproporzionati rispetto ai fatti e al modo in cui la decisione «censurata» si è formata, attraverso, cioè, una catena di responsabilità singole aggrovigliatasi col tempo. Inoltre, questi controlli sanno di antico. Di ottocentesco, quasi: pensati quando lo Stato era un’altra cosa e lo spirito pubblico anche. Ora è tutta un’altra storia. L’autonomia locale si è rafforzata con il voto diretto dei sindaci e dei governatori. Il che ha spinto verso la marginalizzazione l’intero apparato burocratico a cui doveva però far seguito una maggiore rapidità nell’attuazione delle politiche pubbliche. Il che non è avvenuto. E ora il dato vero, quello su cui occorre riflettere al di là delle polemiche contingenti, è che ormai non c’è più alcun rapporto tra i controlli europei sugli Stati nazionali, molto più moderni e tempestivi, e quelli dello Stato italiano sulle proprie realtà locali. Ma de Magistris qui c’entra solo di striscio.