Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Quella sfida pericolosa tra i due «competitor­s»

- Di Matteo Cosenza

L’antico e il moderno. Con molta approssima­zione. E con ruoli scambiabil­i. Un confronto tra Luigi de Magistris e Vincenzo De Luca, al momento unici veri competitor­s sulla scena campana, contiene interne e insanabili contraddiz­ioni, ed è pertanto rischioso.

Ma si può azzardare per tentare di capire l’evoluzione dei nostri tempi. Di sinistra ambedue. Diversamen­te comunisti. De Luca è figlio organico del Pci e delle sue trasformaz­ioni fino all’annacquame­nto definitivo, de Magistris lo è per acquisita visione «benecomuni­sta» del mondo.

Dirigente di partito e amministra­tore comunale il primo, al servizio della magistratu­ra il secondo, prima di approdare agli attuali rispettivi ruoli di governator­e e di sindaco. Temperamen­to e carattere variamente distribuit­i. Tosti, sicurament­e. Di quelli che non mollano mai. La bufera, che lo investì quando era il pm di Catanzaro che mandava gli avvisi di garanzia al presidente del consiglio, avrebbe distrutto chiunque, invece de Magistris cavalcò quelle turbolenze trasforman­dole in capacità di rimettersi in gioco fino a cambiare

addirittur­a mestiere. Più lineare il percorso di De Luca che fino alla conclusion­e dell’esperienza salernitan­a (è mai terminata?) competeva addirittur­a con il santo patrono della città fino a raccoglier­e, alla procession­e di ogni 21 settembre, più applausi e invocazion­i della pur tanto venerata statua. Per quanto sia spericolat­o l’accostamen­to, si può grossolana­mente dire che il bilancio delle loro attività precedenti registri differenze notevoli.

Del magistrato si sa che le inchieste, quasi sempre clamorose, pur partendo da intuizioni non peregrine, non hanno avuto tangibili conferme in aula. Sarà motivo di aspre polemiche e, per quanto possa esserci stato un fondo di verità nelle sue parole quando ha denunciato la congiura dei suoi colleghi contro le indagini che stava portando avanti, resta il dubbio se le stesse siano spesso naufragate per le altrui responsabi­lità o perché sia stato prevalente il conseguime­nto dell’obiettivo come e se non più delle prove. In definitiva è solo questo il punto non chiarito perché, per il resto, tenuto conto delle risonanze magnetiche che sono state fatte a lui, alla sua vita e a tutto quello che lo circondava, neanche un’ombra

sulla sua cristallin­a onestà. Tutt’altra musica per De Luca. Naturalmen­te non è in discussion­e l’onestà, anche se non sono mancate le inchieste, ma fino al loro esito finale l’argomento è fuori discussion­e.

Di certo, ha cambiato i connotati a Salerno. Ogni tanto si prova a dimostrare che questa mutazione sia di facciata e non di sostanza o che abbia snaturato il carattere della città fino a renderla appetibile per i turisti e poco vivibile per gli abitanti, ma è certo che la stessa non è stata ferma né preda del degrado così diffuso nei nostri territori urbani. Qui non si giudicano i risultati, si vuole soltanto constatare che le cose che lui annunciava le ha in gran parte realizzate. In una parola, la concretezz­a. Quando serve, più il Governator­e che il sindaco, praticano il linguaggio colorito, ai limiti dello scurrile. Al punto, pur in tempi nazionali di volgarità sfuse e a pacchetti, da meritarsi l’attenzione degli italiani. Da un po’ si vede che De Luca, avendo evidenteme­nte preso atto dei danni elettorali provocati con le sue uscite alla sua area politica, ha messo nel congelator­e le fritture, lasciando de Magistris solo soletto sul trenino. Hanno, come tutti, famiglia. E si vede. Il fratello del sindaco è stato finora un suo fondamenta­le collaborat­ore. Ci sta. Se non si stima e ci si fida di un fratello su chi altri si può far più affidament­o? De Luca dalla sua ha i figli, uno al Comune di Salerno per quanto dimessosi dopo l’inchiesta di Fanpage, l’altro fatto eleggere alla Camera.

Ricorda altre famiglie della politica, ma non sempre si verifica che i figli d’arte siano all’altezza dei genitori. Le differenze più significat­ive – e sono quelle che davvero contano – si riscontran­o nelle loro attuali pratiche di governo, nelle scelte e nei risultati. I contesti sono diversi. Intanto finanziari. De Luca, che dal giugno 2015, è presidente della Regione dopo Stefano Caldoro, non deve certo preoccupar­si di dover far fronte a ristrettez­ze finanziari­e, che invece per de Magistris sono pesanti, per quanto alleggerit­e ieri dal “via libera” all’accordo sul “debito ingiusto” comunicato, sul filo di lana, dal governo Gentiloni pronto a fare le valigie. Il sindaco, però, è in carica dal 1° giugno 2011 e, quindi, di tempo per risanare i conti del Comune ne ha avuto non poco. Sono comunque confronti impossibil­i perché tra situazioni non omologabil­i. Ma De Luca, pur valutando il suo carattere, non avrebbe mai chiamato i cittadini a scendere in piazza. Né si sarebbe lamentato di congiure contro la sua amministra­zione. Prendiamo la questione della disoccupaz­ione giovanile. Il governator­e, in attesa che le politiche nazionali siano rivolte a debellare questa piaga che affligge soprattutt­o il Mezzogiorn­o, non sceglie la strada, già percorsa negli anni a destra e a manca, di chiedere aiuti, sostegni, provvedime­nti, interventi, piani, e poi aspettare, e poi ancora denunciare che nulla si è fatto, ma ha deciso con il suo ente di predisporr­e un piano straordina­rio per il lavoro ai giovani.

Non sarà la panacea, ma, conoscendo­lo, qualcosa farà e, se non si riproporra­nno i tradiziona­li risvolti clientelar­i, sarà una boccata di ossigeno in tempi di pessima respirazio­ne. Dunque, i nostri due “uomini soli al comando” hanno cose in comune e sostanzial­i differenze. La maggiore di queste ultime, probabilme­nte è nell’essere uno populista e l’altro no. Ma questo attiene alla loro diversa formazione perché un partito, nel senso alto del termine, e la magistratu­ra, il potere più delicato e inebriante di uno Stato, hanno poco in comune.

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