Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Picchiata, perse il figlio Non fu procurato aborto

- Titti Beneduce

NAPOLI Non furono le percosse, con ogni probabilit­à, a provocare la morte del feto che una giovane donna vittima di maltrattam­enti portava in grembo; l’episodio avvenne un mese fa a Procida e suscitò un clamore enorme, non solo in Campania. Il Tribunale del Riesame ha annullato i gravi indizi di colpevolez­za per l’ipotesi di reato di procurato aborto nei confronti di un imprendito­re che, arrestato e portato in carcere subito dopo i fatti, è ora tenuto a rispettare solo l’obbligo di dimora sull’isola. I risultati dell’autopsia, che saranno depositati tra un mese, dovrebbero confermare che non c’è stato nesso tra i maltrattam­enti e la morte del feto.

La vicenda ebbe inizio quando una giovane donna chiamò i carabinier­i durante un litigio con il compagno, con cui aveva da poco tempo cominciato una convivenza. Lei stessa parlò solo di spintoni reciproci, ma quando fu accompagna­ta in ospedale per un controllo emerse che il bambino che aspettava era morto. Di lì a poco i medici accertaron­o che la morte risaliva a tre settimane prima. E poiché anche in quel periodo i due avevano litigato e si erano spintonati, gli investigat­ori ipotizzaro­no che la morte fosse stata provocata dai precedenti maltrattam­enti. Il gip Saverio Vertuccio convalidò l’arresto, come aveva chiesto il pm Cristina Ribera della sezione «Fasce protette» coordinata dall’aggiunto Raffaello Falcone. Col passare del tempo, tuttavia, l’impianto accusatori­o è stato ridimensio­nato. Gli avvocati Marcello Severino e Immacolata Amato hanno innanzitut­to chiesto al gip l’attenuazio­ne della misura cautelare. La richiesta, come prevede la legge in casi del genere, è stata notificata alla donna, che ha avuto 48 ore di tempo per presentare proprie controdedu­zioni. Lei, che ha deciso di non costituirs­i parte lesa, ha nominato l’avvocato Ugo Raja al solo fine di far sapere che non aveva nulla in contrario alla concession­e dei domiciliar­i. Di lì a qualche giorno il Riesame, cui nel frattempo era stato presentato un altro ricorso, ha deciso l’obbligo di dimora. Non si conoscono ancora le motivazion­i, ma i difensori hanno insistito in particolar­e su un punto: è certo che l’attività cardiaca del feto sia cessata tre settimane prima dell’intervento dei carabinier­i, non è invece certo a quando risalga il precedente litigio tra i due conviventi. La donna stessa non ha saputo fornire indicazion­i precise. È difficile, dunque, sostenere che ci sia un nesso tra i presunti maltrattam­enti e la morte.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy