Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Modello etico Il Napoli è stato tra i primi club ad adottarlo
NAPOLI In un’intervista pubblicata giovedì scorso dal Corriere del Mezzogiorno l’ex dg del Napoli Pier Paolo Marino ha detto che il Napoli non applica il modello 231, cosa che invece fa la Juventus. Apprendiamo che non è così. Il Napoli ha adottato il codice etico (consultabile sul sito del club) e un modello organizzativo gestionale ex art. 231/2001 fin dal 2014. Questo modello, applicato peraltro dalla quasi totalità dei club, è adottato dalle società, al fine di non incorrere per «responsabilità oggettiva» in sanzioni e o pene derivanti da specifici reati o comportamenti illeciti effettuati da propri dipendenti. Il calcio Napoli ha esteso l’applicazione di questo modello anche a illeciti previsti dal codice di giustizia sportiva. Il Codice etico fissa le regole base per un corretto comportamento di tutti. Come si legge sul sito del Napoli «Il Codice Etico è costituito da un insieme di principi il cui rispetto è essenziale per il corretto svolgimento dell’attività sportiva e per il buon funzionamento della complessiva gestione della società», mentre il modello 231 è composto da una serie di protocolli di controllo per la verifica dei processi aziendali. Con specifico riferimento al codice di giustizia sportiva, esistono protocolli di controllo relativi a doping, scommesse, gestione dei farmaci, dichiarazioni lesive, rapporti con le tifoserie, aree strettamente codificate dal codice di giustizia sportiva. In applicazione di questi protocolli, la società azzurra in mo- do molto meticoloso, offre la più ampia informativa a tutti i propri tesserati su quali debbano essere i principi di comportamento in relazione a queste aree e quali siano le sanzioni previste dal codice di giustizia sportiva a carico del tesserato e della società in caso di violazione delle norme stesse. La corretta applicazione di tali protocolli, in caso di accertamento di reati commessi dai tesserati, crea una esimente a vantaggio della società la quale può addirittura rivalersi per danni sul tesserato. L’adozione di questi modelli, in ogni caso, non permette alla società di inserirsi nella vita privata dei tesserati, che sono responsabili dei loro comportamenti.