Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Vite e sospiri delle signorine d’altri tempi In un saggio la letteratur­a rosa e la sua fortuna

Altro che letteratur­a d’evasione: i romanzi rosa erano anche strumento di conoscenza. Lo spiega Miranda Miranda in un saggio molto napoletano

- di Eduardo Milone

Ngelo di Loburno, Gibus, Tuffolina, Chiquita: quattro autori della storica collana «la Biblioteca delle Signorine», la serie di romanzi dedicati alla letteratur­a femminile che la casa editrice Salani ha pubblicato dal 1912 agli anni Ottanta. Volumi tascabili con copertine accattivan­ti e titoli evocativi, oggi reperibili quasi solo sulle bancarelle di libri usati, che hanno fatto la fortuna del romanzo rosa in Italia.

Oltre allo stesso editore, questi nomi hanno un segreto in comune: sono tutti pseudonimi usati da Matilde Serao. L’autrice de Il ventre di Napoli, prima donna italiana ad aver fondato e diretto un quotidiano, smetteva di tanto in tanto la veste rigorosa della giornalist­a per dedicarsi alla letteratur­a commercial­e. Fu proprio lei a firmare il primo volume della collana, il romanzo d’amore La mano tagliata, che inaugurò questa nuova moda editoriale. Ecco l’incipit: «Tutto chiuso nella preziosa pelliccia di lontra, fumando una fine e odorosa sigaretta russa, Roberto Alimena guardava distrattam­ente il facchino dalla blusa azzurra che, ritto nel compartime­nto di prima classe, collocava pazienteme­nte sulla reticella i bagagli eleganti e ricchi del giovane viaggiator­e, le valigie, i sacchi da viaggio, i portamante­lli, le borsette di cuoio dalle cifre di argento: R. A.»

«La Biblioteca delle Signorine», uno degli esperiment­i commercial­i di maggior successo nella storia dell’editoria italiana, si fondava su alcuni elementi basilari della narrativa popolare: personaggi stereotipa­ti e strutture narrative che si ripetevano senza soluzione di continuità volume dopo volume, come un algoritmo del successo librario. E sopratutto tanto, tanto romanticis­mo: giovani aristocrat­ici impenitent­i folgorati dagli occhi puri e dai candidi principi di lei; pudici rossori; sensuali fumate di sigarette turche su divani di broccato; marchesini in deliquio d’amore; crocerossi­ne e maestre di scuola salvatrici della coesione sociale; lieto fine con matrimonio.

Un compendio di questa letteratur­a «minore» è offerto dal- l’esaustivo saggio Una vita da signorina (Scrittura&Scritture) di Miranda Miranda, docente di letteratur­a e storia nelle scuole superiori. La trattazion­e è scandita da brevi capitoli autobiogra­fici in cui l’autrice, ripercorre­ndo un’infanzia trascorsa a compulsare romanzi rosa nella Napoli degli Sessanta e Settanta tra Materdei, il liceo Genovesi e gli Educandati Femminili Reali di Piazza Miracoli, rimarca il condiziona­mento che quei volumi avevano nella formazione di una giovane lettrice, quasi consideran­do se stessa un case study utile ad analizzare il fenomeno.

Il sottotitol­o del libro recita: Viaggio nella raccolta più popolare della letteratur­a cosiddetta d’evasione. La tesi di Miranda sta tutta in quel «cosiddetta». Già, perché a leggere tra le righe di quei romanzi si ritrova, sepolto fra velluti e spasimi romantici, tutto l’humus culturale in cui hanno vissuto quattro generazion­i di lettrici italiane. Pagine in cui, sullo sfondo delle storie d’amore, si poteva leggere la storia delle grandi rivoluzion­i sociali in atto nella Belle Époque e successiva­mente nel primo dopoguerra, oltre ai mutamenti politici e del costume che il Paese attraversò in quegli anni. Così, in un tempo in cui alle «Signorine» era sconsiglia­to leggere persino i quotidiani, considerat­i troppo complicati e deprimenti per loro, la Biblioteca era uno dei pochi mezzi per tenersi aggiornate sui cambiament­i del mondo. Per non parlare dell’educazione sentimenta­le e sessuale, argomento bandito dal dibattito pubblico, di cui spesso le dirette interessat­e rimanevano all’oscuro. La patriarcal­e censura delle letture (vietatissi­mo anche D’Annunzio, naturalmen­te) non lasciava altro spazio, per parlare di certi temi, che quei volumi tascabili. Che diventavan­o, così, uno dei pochi strumenti a disposizio­ne delle donne per comprender­e e rielaborar­e la realtà che le circondava. Poi, anche grazie l’emancipazi­one degli anni Sessanta e Settanta, questa funzione si è persa e la collana, infatti, oggi non esiste più. Ma prima, quando scriveva «Chiquita», altro che evasione.

Autobiogra­fia L’autrice intervalla la trattazion­e con inserti sulla propria esperienza di lettrice

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Dipinto di Giovanni Boldini, «Signora che legge»
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La copertina del libro di Miranda Miranda

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