Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Da Bagnoli a Fca: un futuro pieno di nubi
I contenuti del contratto sul quale nascerà il nuovo governo aprono molti interrogativi su quale sarà il futuro per Napoli e per il Mezzogiorno. Quello che preoccupa sono gli effetti di ciò che pare già definito, ma ancor più, di ciò che definito non è o addirittura è assente. Le misure più note e su cui è stato costruito gran parte del consenso delle prossime forze di governo generano effetti fortemente sperequativi fra nord e sud a vantaggio del primo.
La flat tax agisce in termini di riduzione della pressione fiscale sulle quote di reddito più alte, in un quadro dove il reddito medio è notoriamente più alto al nord che quindi assorbirà i due terzi dei benefici. La stessa riforma della legge Fornero, costruita solo sui pur necessari interventi su quota 100 o sui 41 anni di contributi come requisito per accedere alla pensione, produrrà effetti quasi esclusivamente per gli operai del nord e lascerà senza risposte le carriere discontinue e precarie proprie di giovani, donne e lavoratori meridionali. Lo stesso reddito di cittadinanza, così concepito, rischia di produrre effetti redistributivi molto modesti per il Mezzogiorno. Questo è ciò che è certo. A tutto questo si aggiunge ciò che è incerto o assente nel contratto di governo. L’approccio alla questione meridionale è di fatto teso a negarne la stessa esistenza, in coerenza alla assenza del riconoscimento della diseguaglianza come problema principale del paese. Su questo presupposto si costruiscono politiche apparentemente neutre sul piano sociale o territoriale, ma di fatto, proprio perché agiscono in maniera uguale su situazioni sociali e territoriali profondamente diseguali, quelle politiche non solo non sono neutre, ma accentuano le distanze e le diseguaglianze.
Il problema non è il superamento di strumenti specifici per il Mezzogiorno, ma molto banalmente quanto in termini di risorse degli strumenti ordinari finisce al Mezzogiorno; se non si afferma con chiarezza la necessità di destinare al Mezzogiorno e al potenziamento delle sue reti infrastrutturali e sociali (scuole, asili, ospedali...) almeno i due terzi degli investimenti pubblici in conto capitale, il deficit strutturale del Mezzogiorno non potrà essere colmato; ma soprattutto se, in materia di spesa corrente, si parla solo di costi standard e non di livelli essenziali delle prestazioni da garantire in tutto il territorio nazionale assicurando un corrispondente e adeguato livello di trasferimenti per la spesa corrente, i cittadini del Mezzogiorno potranno dimenticare di avere trasporti, scuole e asili nido e servizi sociali adeguati. Non basta dire che i tagli ai trasferimenti per i Comuni fin qui operati avranno fine, se non si distingue la profonda diversità dei Comuni del Mezzogiorno fra i quali ci sono oltre l’80% del totale di quelli in condizione di pre-dissesto. Quello che infine è totalmente assente nel contratto di governo, soprattutto per Napoli, preoccupa ancora di più. Sul futuro produttivo della intera area metropolitana si addensano nubi scure. A Pomigliano esiste una sola certezza: la produzione della Panda finirà in Polonia mentre non sappiamo quali modelli saranno a sostituirla e, soprattutto, se e come saranno in grado di saturare l’impianto a livello occupazionale. Analoghi dubbi e incertezze ci sono su Fincantieri, mentre altre eccellenze produttive, seppur non interessate da crisi, scelgono la strada di abbandonare i siti produttivi napoletani come fanno Doria e Comdata.
Di fronte a tutto ciò per il Mezzogiorno sembra si continui a vagheggiare un futuro di solo mare, sole e turismo mordi e fuggi. Esiste uno straccio di politica industriale per sostenere le imprese meridionali in una fase così delicata di profonda trasformazione tecnologica e produttiva? Sembra di no e questo è gravissimo.
Come grave è il silenzio sul futuro di Bagnoli. Il progetto finalmente definito nell’intesa interistituzionale, pur con i i suoi limiti, va finalmente attuato. Cosa significhi il silenzio su questo argomento altrettanto strategico per il futuro di Napoli di quanto non lo sia Ilva per Taranto, non è dato sapere. Di fronte a tali elementi distorsivi, ai dubbi e agli inquietanti silenzi del contratto di governo, le istituzioni locali sembrano troppo distratte dalla loro eterna sfida, per provare a costruire quel progetto, quella visione condivisa di cui Napoli, il Mezzogiorno e il Paese avrebbero bisogno e questo è altrettanto grave.