Corriere del Mezzogiorno (Campania)
MA LA CITTÀ SI DIVIDE SUI «GIOCHI»
Tocchiamo ferro e facciamo gli scongiuri. Le Universiadi non possono fare la fine dei non pochi flop nostrani, incorsi quando si è trattato di organizzare eventi più o meno grandi. Viene l’imbarazzo solo a ricordarli. Ma non possiamo dimenticare gli esempi positivi e le ricadute nelle città che invece sono state capaci di organizzarli. Valencia tra tutte. In occasione dell’America’s Cup del 2006 la città spagnola si è qualificata come sinonimo di successo, di intraprendenza e di competenza, che le ha conferito un ruolo innovativo e un respiro culturale straordinario, che continua a crescere. E qui da noi per le Universiadi che cosa sta succedendo? Ricordiamo le date: la scelta della nostra città , dopo la rinuncia di Brasilia, è avvenuta il 5 febbraio 2016, e questo ha comportato purtroppo la riduzione dei tempi a disposizione per organizzare l’evento, che deve decollare il 3 luglio 2019. Ancora nell’ottobre scorso il presidente della Regione Campania, nel ricordare la massa di finanziamenti messi a disposizione, auspicava la restituzione «al mondo di una immagine rinnovata e diversa per la città di Napoli e la Campania, qualcosa di diverso dalle solite Pulcinellate».
Auspicio del tutto condivisibile, ma per fare che cosa? L’opzione iniziale prevedeva la Mostra d’Oltremare come cuore mediatico e luogo per premiazioni e cerimonie varie, fulcro di un settore urbano ricco di complessi sportivi (Piscina Scandone, Palabasket, Stadio San Paolo, Cus Napoli, centri tennis); e il recupero dell’ex sede Nato come villaggio, sia pur parziale, per gli atleti, non sembrava impresa particolarmente problematica, se portata avanti con risolutezza e competenza. L’ospitalità per gli atleti era completata dalla soluzione integrativa su nave, vicino alla Stazione Marittima.
Insomma un disegno complessivo che avrebbe avuto il pregio di un ritorno in termini di recupero urbano e sviluppo.
Qual è stato il motivo che ci ha condotto alla situazione attuale? Si è oggi davanti ad una impasse per l’accorata e condivisibile reazione della comunità cittadina nei confronti dei 2500 moduli prefabbricati da dislocare nella Mostra d’Oltremare. Anche a Valencia si verificò qualcosa di simile che evitò il massacro di un’area urbana strategica, che poi è risultata decisiva per il futuro della città, ben oltre l’orizzonte temporale della Coppa America. Non sembra simile, però, il ruolo che l’istituzione cittadina ha giocato allora a Valencia e in questi giorni a Napoli. E veniamo alle dolenti note di casa nostra, alle polemiche sterili, ai proclami surreali, ai conflitti istituzionali che non fanno sperare in esiti confortanti.
La coesione istituzionale e la condivisione del piano per le Universiadi dovrebbe essere data per scontata, mentre invece assistiamo a un mesto scaricabarile su ciascuna opzione progettuale.
Invece di trasformare le Universiadi in ordinaria emergenza, servirebbe una capacità di cogliere questi eventi per aprire scenari di trasformazione urbana. E qui ritorna una domanda antica. A chi affidare il compito dell’ organizzazione di questi eventi? Non sarebbero, queste, occasioni per creare, potenziare uffici pressoché ordinari nelle amministrazioni locali? E perché non avviene?