Corriere del Mezzogiorno (Campania)
L’omicidio di Pino Amato e il vilipendio della Dc
La voce altera ed indignata del carissimo Arnaldo Amato circa la facile e colpevole amnesia di massa sulla sorte dei familiari delle vittime delle Brigate rosse squarcia d’improvviso quel velo che ottunde da tempo tutti gli effetti tragici di un terrorismo politico velleitario ed assassino. Uno squarcio di una ipocrisia che ha tentato di nascondere quel periodo degli anni settanta ed ottanta criminalizzandolo ora per la brevità dei governi ora per il debito pubblico sorto dopo il divorzio Tesoro-Bankitalia del 1981.
Mai nessuno degli opinionisti e dei giornalisti più autorevoli parlando di Craxi, di Andreotti, di Forlani e di tanti altri ancora hanno mai parlato del contesto politico di quei due decenni durante i quali l’Italia era stretta tra il terrorismo brigatista, lo stragismo di destra e la crisi politica insorta per le eterne divisioni nella sinistra democratica italiana e nei ritardi culturali del Pci di Occhetto e di Violante.
C’è voluto il grido composto e motivato di Arnaldo Amato che, nel suo dolore compresso e solitario, ha saputo trovare il modo per ricordare che Pino Amato e Raffaele Delcogliano erano due autorevoli consiglieri regionali uccisi sol perché democratici cristiani e per giunta democristiani di valore politico ed amministrativo. All’offesa della dimenticanza per le vittime ed i loro familiari, si aggiunge il vilipendio contro una cultura politica che tanto ha dato all’Italia su ogni piano difendendo innanzitutto una giovane democrazia dal terrorismo senza intaccare le libertà degli italiani e senza interrompere una crescita economica che portò il paese ad essere la quinta potenza industriale del mondo. È questo l’aspetto più profondo di un uomo giovane provato da un dolore senza fine che in tanti anni ho visto e toccato da vicino, che si indigna per la criminalizzazione del cattolicesimo politico mentre abbiamo visto seppellito dal muro di Berlino un’altra cultura politica, quella comunista, che tante compiacenze aveva sollecitato sul piano intellettuale e sociale. E mai i democratici cristiani girarono il coltello nella piaga di una cultura che scompariva all’improvviso perché avvertivano di avere sulle spalle il destino di un paese che non poteva non essere interessato a trasformare quella classe dirigente ormai nuda alla meta in una nuova dirigenza in grado di concorrere al governo del paese. Purtroppo a quell’interesse nazionale dei democratici cristiani si oppose una scelta giudiziaria che nello spazio di un biennio portò alla distruzione di quelle grandi famiglie politiche che ancora oggi governano, spesso proprio alleate tra loro, paesi come la Germania, la Spagna in qualche maniera la squadra di governo di Macron e tantissime altre democrazie minori.
Ci sarà un giorno in cui gli storici spiegheranno senza più timore reverenziale i guasti di una magistratura inquirente politicizzata, mitigata nel tempo solo da una magistratura giudicante davvero terza e più ancora le coperture pelose di ambienti finanziari, mediatici e internazionali che hanno partorito quel disastro che abbiamo sotto gli occhi in questi giorni. Il giovane Arnaldo Amato ( buon sangue non mente) ci ha richiamato bruscamente tutti ad una realtà per troppo tempo subita, una realtà di luoghi comuni, di connivenze, di ipocrisie e di vilipendio di quella politica alta in nome del quale il suo genitore perse la vita nel pieno della sua vitalità fisica e culturale.
Ricordo benissimo cosa dicevano quelle sciagurate Brigate rosse quando rivendicarono la sua uccisione, affermando che quel gruppo coordinato da Pino Amato ( il mio vero talent scout) era la versione moderna di una cultura antica ed andava stroncato colpendo il suo cuore palpitante. Ed infine, con poche parole, Arnaldo Amato fa giustizia di quelle mille piccole allusioni secondo le quali Moro sarebbe stato ucciso dalla pelosa volontà della Dc di non voler trattare con le Br. Amato ricorda tra le righe come all’uccisione di Moro seguirono altri assassini politici quasi tutti democristiani, passando prima per la velleitaria campagna meridionale in cui trovarono la morte per l’appunto Amato e Delcogliano, il rapimento di Cirillo con la morte della sua scorta e la gambizzazione di Rosario Giovine, consigliere comunale Dc e di Uberto Siola, Pci, sino all’agguato del 1988 in cui trovò la morte il mai dimenticato senatore Roberto Ruffilli. E mentre le Br venivano sconfitte dal sangue di Moro, di Amato, di Delcogliano, di Ruffilli e di tantissimi altri servitori dello Stato, altri apprestavano le basi per quella opzione giudiziaria della conquista del potere di cui Gerardo Chiaromonte avverti me, Altissimo, e Giuliano Amato e che oggi il giovane Arnaldo con coraggio antico ne squarcia il silenzio colpevole.
È giunto il tempo di riscrivere la storia vera degli ultimi quarant’anni per costruire un futuro diverso pieno di conoscenza, di passione, di cultura e d buon senso che sconfigga lo scontro di tutti contro tutti, che ha avvelenato gli ultimi 30 anni della nostra vita quotidiana mettendo a frutto comune tutte le energie le più diverse. Arnaldo ci ha offerto l’occasione, non sciupiamola.