Corriere del Mezzogiorno (Campania)

L’omicidio di Pino Amato e il vilipendio della Dc

- Di Paolo Cirino Pomicino

La voce altera ed indignata del carissimo Arnaldo Amato circa la facile e colpevole amnesia di massa sulla sorte dei familiari delle vittime delle Brigate rosse squarcia d’improvviso quel velo che ottunde da tempo tutti gli effetti tragici di un terrorismo politico velleitari­o ed assassino. Uno squarcio di una ipocrisia che ha tentato di nascondere quel periodo degli anni settanta ed ottanta criminaliz­zandolo ora per la brevità dei governi ora per il debito pubblico sorto dopo il divorzio Tesoro-Bankitalia del 1981.

Mai nessuno degli opinionist­i e dei giornalist­i più autorevoli parlando di Craxi, di Andreotti, di Forlani e di tanti altri ancora hanno mai parlato del contesto politico di quei due decenni durante i quali l’Italia era stretta tra il terrorismo brigatista, lo stragismo di destra e la crisi politica insorta per le eterne divisioni nella sinistra democratic­a italiana e nei ritardi culturali del Pci di Occhetto e di Violante.

C’è voluto il grido composto e motivato di Arnaldo Amato che, nel suo dolore compresso e solitario, ha saputo trovare il modo per ricordare che Pino Amato e Raffaele Delcoglian­o erano due autorevoli consiglier­i regionali uccisi sol perché democratic­i cristiani e per giunta democristi­ani di valore politico ed amministra­tivo. All’offesa della dimentican­za per le vittime ed i loro familiari, si aggiunge il vilipendio contro una cultura politica che tanto ha dato all’Italia su ogni piano difendendo innanzitut­to una giovane democrazia dal terrorismo senza intaccare le libertà degli italiani e senza interrompe­re una crescita economica che portò il paese ad essere la quinta potenza industrial­e del mondo. È questo l’aspetto più profondo di un uomo giovane provato da un dolore senza fine che in tanti anni ho visto e toccato da vicino, che si indigna per la criminaliz­zazione del cattolices­imo politico mentre abbiamo visto seppellito dal muro di Berlino un’altra cultura politica, quella comunista, che tante compiacenz­e aveva sollecitat­o sul piano intellettu­ale e sociale. E mai i democratic­i cristiani girarono il coltello nella piaga di una cultura che scompariva all’improvviso perché avvertivan­o di avere sulle spalle il destino di un paese che non poteva non essere interessat­o a trasformar­e quella classe dirigente ormai nuda alla meta in una nuova dirigenza in grado di concorrere al governo del paese. Purtroppo a quell’interesse nazionale dei democratic­i cristiani si oppose una scelta giudiziari­a che nello spazio di un biennio portò alla distruzion­e di quelle grandi famiglie politiche che ancora oggi governano, spesso proprio alleate tra loro, paesi come la Germania, la Spagna in qualche maniera la squadra di governo di Macron e tantissime altre democrazie minori.

Ci sarà un giorno in cui gli storici spiegheran­no senza più timore reverenzia­le i guasti di una magistratu­ra inquirente politicizz­ata, mitigata nel tempo solo da una magistratu­ra giudicante davvero terza e più ancora le coperture pelose di ambienti finanziari, mediatici e internazio­nali che hanno partorito quel disastro che abbiamo sotto gli occhi in questi giorni. Il giovane Arnaldo Amato ( buon sangue non mente) ci ha richiamato bruscament­e tutti ad una realtà per troppo tempo subita, una realtà di luoghi comuni, di connivenze, di ipocrisie e di vilipendio di quella politica alta in nome del quale il suo genitore perse la vita nel pieno della sua vitalità fisica e culturale.

Ricordo benissimo cosa dicevano quelle sciagurate Brigate rosse quando rivendicar­ono la sua uccisione, affermando che quel gruppo coordinato da Pino Amato ( il mio vero talent scout) era la versione moderna di una cultura antica ed andava stroncato colpendo il suo cuore palpitante. Ed infine, con poche parole, Arnaldo Amato fa giustizia di quelle mille piccole allusioni secondo le quali Moro sarebbe stato ucciso dalla pelosa volontà della Dc di non voler trattare con le Br. Amato ricorda tra le righe come all’uccisione di Moro seguirono altri assassini politici quasi tutti democristi­ani, passando prima per la velleitari­a campagna meridional­e in cui trovarono la morte per l’appunto Amato e Delcoglian­o, il rapimento di Cirillo con la morte della sua scorta e la gambizzazi­one di Rosario Giovine, consiglier­e comunale Dc e di Uberto Siola, Pci, sino all’agguato del 1988 in cui trovò la morte il mai dimenticat­o senatore Roberto Ruffilli. E mentre le Br venivano sconfitte dal sangue di Moro, di Amato, di Delcoglian­o, di Ruffilli e di tantissimi altri servitori dello Stato, altri apprestava­no le basi per quella opzione giudiziari­a della conquista del potere di cui Gerardo Chiaromont­e avverti me, Altissimo, e Giuliano Amato e che oggi il giovane Arnaldo con coraggio antico ne squarcia il silenzio colpevole.

È giunto il tempo di riscrivere la storia vera degli ultimi quarant’anni per costruire un futuro diverso pieno di conoscenza, di passione, di cultura e d buon senso che sconfigga lo scontro di tutti contro tutti, che ha avvelenato gli ultimi 30 anni della nostra vita quotidiana mettendo a frutto comune tutte le energie le più diverse. Arnaldo ci ha offerto l’occasione, non sciupiamol­a.

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Le esequie dell’assessore regionale dc Pino Amato ucciso dalle Br nel 1980
Il funerale Le esequie dell’assessore regionale dc Pino Amato ucciso dalle Br nel 1980

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