Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Esposito, occhio da cronista e penna da romanziere
Il progressivo inesorabile transito dall’acquisto di libri tradizionale, attraverso le librerie, e quello online, molto più comodo e perfino economico, ha procurato diversi danni. Quello forse più grave è la difficoltà di imbattersi nel prodotto delle case editrici più piccole, che faticano a imporre i propri testi nella ridotta visibilità che i siti web propongono nella loro virtuale vetrina.
I lettori ricorderanno il tempo in cui, entrati in negozio per comprare un libro, si usciva con tre o quattro volumi e magari nemmeno uno di essi era quello per il quale si era entrati, incontrando quasi per caso magnifici libri. Un piccolo, validissimo editore cittadino che fa un ottimo lavoro di attenta selezione e di redazione dei testi di narrativa è senza dubbio Homo Scrivens; è davvero raro non apprezzarne le proposte, con le belle copertine di Ugo Ciaccio che raccontano del testo in maniera decisamente attraente.
Non fa eccezione, e anzi ne è splendida conferma, il romanzo
Il fratello minore, di Vincenzo Esposito. Confessiamo che, da appassionati lettori di narrativa, ci accostiamo sempre con un certo timore a un racconto il cui autore è un giornalista. Si ritiene spesso che se la professione è la scrittura, allora validamente si possa raccontare la fantasia come si racconta la realtà. Nulla di più fallace: sarebbe come immaginare un centometrista e un maratoneta come lo stesso atleta, ignorando la natura profondamente diversa dello sforzo e della relativa performance. Esposito è peraltro un giornalista vero, tra i più sensibili e attenti cronisti di una città attraente e respingente insieme, abituato a cercare il nocciolo della notizia traendone spesso interpretazioni sorprendenti.
E sorprendente è, in piena coerenza col suo autore, questo romanzo. Avvincente e inusuale, secco e consequenziale, accorato e al tempo stesso sintetico, sovverte ogni pregiudizio e si propone come un esordio di grandissimo interesse.
L’ambientazione, prima di tutto. Il racconto è sospeso tra epoche importanti per la storia recente di questa città, le Quattro Giornate e i primi anni Sessanta, con incursioni inquietanti e violente nella Grande Guerra. Una tessitura ambiziosa e affascinante, basata su una ricostruzione particolareggiata e attentissima, nella quale si muovono, attorno al protagonista Marcello Narducci, personaggi incisivi la cui articolata personalità desumiamo sempre dai comportamenti e mai da stucchevoli stancanti descrizioni.
Sì, perché questo è un caso abbastanza raro in cui l’occhio del cronista si mette al servizio del racconto, riuscendo a sollevarsi dalla narrazione della realtà acquisendo quello sguardo d’insieme che è necessario per un romanzo. Il centometrista, infatti, diventa agevolmente un maratoneta dimostrando di essere in possesso degli strumenti giusti del narratore, e degli intrecci tra le vicende che costituiscono la storia. Ci ritroviamo perciò subito immersi in un delitto efferato, nelle passioni torbide che lo hanno provocato e che da esso derivano; nella difficoltà di un poliziotto del nord a entrare nelle dinamiche della città comprendendone le linee di connessione sotterranee; nella bellezza e nella determinazione di una donna che si fa spazio in una professione all’epoca profondamente maschilista; e soprattutto nella dimensione onirica e febbrile in cui vive il protagonista, sospeso tra il proprio presente e un passato altrui, incapace di liberarsi dei fardelli ma appassionato interprete di una città in perenne doloroso cambiamento.
E alla fine chiudiamo il libro sorridendo, sorpresi; e augurandoci che Esposito, pur continuando a fornirci le sue quotidiane interpretazioni degli eventi attorno a noi, non dimentichi di essere un autentico romanziere. Ne abbiamo proprio bisogno.
L’ambientazione
Tra le Quattro Giornate e i primi anni Sessanta con qualche incursione nella Grande Guerra