Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Il virtuosismo della guglia di San Gennaro
Scampati alla terribile eruzione del Vesuvio nel 1631, i napoletani sentirono di dovere un riconoscimento al loro protettore; nel 1636 la Deputazione del Tesoro decise di collocare una statua di San Gennaro su una colonna di marmo cipollino rinvenuta durante i lavori per la Cappella; la statua in bronzo era già stata eseguita nel 1620 dai fratelli Montani, destinata alla nicchia dietro l’altare maggiore. Poi nel 1637 fu incaricato Cosimo Fanzago che prima lavorò ad un basamento fino al 1645, poi ricusò l’idea della Deputazione. Si optò per un’opera nuova, al Fanzago fu affiancato lo scultore Giuliano Finelli che godeva anche la stima del viceré Manuel de Guzman conte di Monterey. Dopo un periodo di riflessione, forse con il basamento con quattro volute già progettato dal Fanzago, guglia e statua vengono eseguite e poste in opera fra il 1657 e il 1660.
È la prima delle guglie realizzate a Napoli. Ogni anno gli apparati delle feste saranno curati da Andrea Vaccaro, ingegnere della Deputazione, e la piazzetta diventerà méta di processioni, luogo di celebrazioni religiose popolari.
Nasce così una delle immagini più «consumate» della città storica. La cupola della Cappella del Tesoro, la facciataportico del Pio Monte e la Guglia di San Gennaro sono tre monumenti fondamentali della cultura architettonica del Seicento napoletano.
Roberto Pane parla senza mezzi termini di «assurdo virtuosismo» e di «espressioni estreme di una tendenza» sostenendo che «il Seicento realizzò in forma durevole quelle fantasie che già il Rinascimento aveva praticato in forma occasionale».
Certo l’architettura esprime talvolta una bellezza che va oltre l’utilità, specie nel monumento; ma non le è consentito di perdere significato né questo può consistere nel compiacimento di una iperbole, magari come quella di un poeta dell’epoca che definì la caccia agli uccelli «fare il piombo volar, piombare il volo». Nel 1762 fu restaurata da Ferdinando Fuga.
Manufatti come la Guglia di San Gennaro, belli ed esaltati, hanno parte del loro fascino nella temerarietà, nel coraggio di rischiare un’architettura solitaria.