Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Coscioni: la sanità si salverà se assumeremo i giovani
IL CONSIGLIERE ALLA SANITÀ Coscioni: «La rete dei medici di famiglia gestirà gli ammalati cronici»
«Giovani medici da assumere con contratti di formazione e medici di famiglia che dovranno gestire gli ammalati cronici». Sono questi i punti della strategia per la riorganizzazione sanitaria del consigliere di De Luca, Enrico Coscioni.
L’obiettivo strategico è stato accennato nel corso dei recenti stati generali della sanità: ridurre l’ospedalizzazione e affidare la gestione dei malati cronici ai medici di medicina generale.
Il cardiochirurgo Enrico Coscioni, consigliere per la sanità del presidente della Regione, Vincenzo De Luca, è più che persuaso della necessità di imboccare questa strada se non si vuole che il sistema sanitario regionale coli a picco, trascinato dall’inarrestabile calo demografico e dall’aumento del numero di anziani. «Negli anni ‘70 c’erano due figli in ogni famiglia campana che sostenevano o assistevano in qualche modo due genitori e tre nonni — racconta —. Oggi c’è un solo figlio sul quale ricadono le sorti di due genitori, quattro nonni e due bisnonni. Questo per dire che la vita si è allungata, la spesa sanitaria è al di sotto della inflazione da sei anni (in Campania da 5 anni registriamo il pareggio di bilancio e abbiamo recuperate ben tre premialità) ma non ci sono medici. Dopo dieci anni di concorsi bloccati occorre riorganizzare la medicina territoriale e i medici di famiglia, altrimenti salta tutto».
Non si dovrebbe iniziare proprio dai concorsi?
«Ed è quello che stiamo facendo. Ma non basta per risolvere, in breve tempo, tutto ciò che si è perso: oltre dodicimila unità lavorative cancellate».
Così non si finisce di spostare il problema, invece di risolverlo, sui medici di famiglia?
«No, perché intanto, grazie anche alle battaglie del presidente De Luca, il riordino della rete ospedaliera è stato approvato e prevede 1100 posti ospedalieri in più. Ma noi dobbiamo ridurre l’ospedalizzazione e la mobilità passiva verso altre regioni. Per questo nel Piano abbiamo riconosciuto un’attenzione in più alle strutture private accreditate che propongono attività di alta complessità. Assieme a questo, però, occorre l’ingresso di nuovo personale. Ed è quanto ci apprestiamo a fare, con una iniziativa alla quale aderiscono anche le altre Regioni, che prevede l’assunzione con contratti di formazione di giovani laureati».
In che modo?
«Attualmente il Miur in Campania assegna 508 borse specialistiche e poi ci sono i 102 (da 90 che erano) contratti aggiuntivi della Regione; tutquesto, tavia le richieste risultano essere esorbitanti rispetto a quanto si offre. Attualmente vi sono circa 5000 laureati in Italia che non riescono ad accedere ai percorsi di specializzazione e, quindi, al mondo del lavoro. Un medico di medicina generale, con un po’ di incentivi, coadiuvato da due giovani colleghi formati per fornire le prime cure e seguire gli assistiti cronici, ci farebbe recuperare sprechi notevoli».
Faccia un esempio?
«Il 70% dei pazienti che accede al pronto soccorso del Cardarelli viene rimandato a casa entro quattro ore dall’arrivo. Questo significa che il ricorso alle cure ospedaliere non è indispensabile e che l’affollamento dei pronto soccorso impedisce a chi davvero ha necessità di essere trattato senza attese. Abbiamo, per ipotizzato contratti formativi in grado di avviare al lavoro circa 300 giovani medici. Un’operazione che costerebbe 5 milioni di euro».
I medici di famiglia lamentano di essere già in prima linea nell’accogliere i propri assistiti. Non ritiene che buona parte del compito andrebbe esercitato da coloro che da anni affollano gli uffici e gli ambulatori delle Asl?
«È un quadro complessivo che va sicuramente riordinato, non c’è dubbio. Anche perché, diciamolo chiaramente, non sono più i tempi di una volta, e il sistema, di questo passo, rischia di collassare se non si mette mano. Occorre però dire che i medici di famiglia conoscono i loro assistiti, e con un po’ di incentivi e qualche macchinario che gli diamo possono ampiamente gestire un cardiopatico che si presenta con i piedi gonfi e con un po’ di affanno».
Non si porrà il problema che i casi cronici devono essere trattati esclusivamente da specialisti?
«Non vogliamo mica penalizzare gli specialisti? Anzi. Tantomeno c’è interesse a semplificare i problemi degli ammalati cronici. Tuttavia, dato l’eccessivo ricorso, tante volte inutile, agli ospedali, sarebbe meglio creare un filtro per evitare disservizi. Del resto, quante persone che si recano in farmacia si sottopongono anche alla misurazione della pressione arteriosa? Ecco, questa fase sarebbe in qualche modo assimilabile a pratiche ormai diffuse di prima assistenza».
Non intravede neanche il rischio di una nuova e pesante burocratizzazione delle procedure relative al trattamento degli ammalati cronici: nuove cartelle da compilare e da aggiornare di volta in volta?
«No, sarà tutto informatizzato e rapido. Si risparmierà tempo e denaro pubblico. E soprattutto avremo una sanità più efficiente».