Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Progetto Smack e chemioterapia Quando donare i capelli ti fa più bella
L’iniziativa dell’associazione Underforty per le pazienti
Per contrastare le ripercussioni sulla psiche dell’effetto più comune della chemioterapia, la perdita dei capelli, l’associazione Underforty ha dato vita al progetto S.m.a.c.k. L’acronimo vuol dire: still marvellous after cancer knock, cioè “ancora meravigliosa dopo la percossa del cancro”.
Guarire dal tumore al seno, infatti, per una donna significa anche vedere la propria immagine riflessa nello specchio e percepire che la normalità sta tornando. «L’idea, messa in pratica grazie alla dottoressa Emanuela Esposito, nasce per venire incontro alle esigenze delle donne che sono costrette a sottoporsi a chemioterapia, per consolidare il loro percorso di guarigione dopo l’intervento chirurgico. Si stima siano in media più del 40% le pazienti che ricorrono a questo trattamento. Il progetto ha l’obiettivo di aiutare le donne a mantenere intatta la propria immagine durante tutto il percorso della cura», spiega Massimiliano D’Aiuto, chirurgo oncologo senologo, direttore scientifico della Onlus che si occupa della prevenzione del cancro alla mammella nelle giovani donne.Per aderire all’iniziativa si possono donare i propri capelli, ci vogliono ciocche di almeno 25 centimetri tagliate pari e di un unico colore, anche tinte. In cambio l’associazione donerà gratuitamente alle donne con basso reddito, che ne faranno richiesta al proprio medico di base certificando l’Isee, una parrucca inorganica.
«I capelli artificiali hanno un costo molto alto e spesso – continua D’Aiuto –le donne non se la sentono di sacrificare alla famiglia una cifra, che sta intorno ai mille euro, per un periodo che di solito va dai 2 ai 6 mesi». Questa scelta, dettata da necessità economiche, può avere delle ripercussioni sulla psicologia delle pazienti, infatti, la perdita della propria immagine obbliga a dover parlare di ciò che si sta vivendo. Una situazione non facile, perché, aggiunge il direttore scientifico: «Se la fase dell’intervento chirurgico si può nascondere, la perdita dei capelli no. Molte volte doverlo raccontare fa sentire la persona inadeguata non soltanto nella sua femminilità, ma anche nel suo ruolo sociale. In quest’ottica bisogna considerare che se le donne si ammalano giovani, si deve comunicare con la caduta dei capelli la diagnosi ai propri figli. Sono argomenti molti complessi da affrontare quando i bambini sono piccoli».
Il progetto S.m.a.c.k. dell’associazione Underforty non ha intensione di fermarsi qui. La volontà è quella di promuovere un percorso complessivo che arrivi a comprendere più in generale lo stile di vita.
«Per ridurre il rischio di recidiva e di ammalarsi di un altro tumore serve prendere in considerazione anche il supporto psicologico, l’attività fisica e l’alimentazione. L’aiuto psicologico serve per dare alla paziente la percezione della reale guarigione, spesso, infatti, si supera la malattia fisicamente, ma si resta ammalati perché ci si porta dentro la paura di poter stare di nuovo male. Oltre a questo, aiuta a superare l’evento traumatico che il tumore rappresenta e a metabolizzarlo in famiglia, a ritrovare la comunicazione di coppia e con i figli. Sono tutte cose che purtroppo incidono sulla qualità della vita. L’alimentazione e una corretta attività sportiva, intensiva e controllata, secondo gli studi scientifici prevengono il ritorno della patologia», dice D’Aiuto.
Questi tre interventi devono agire insieme, quasi a dimostrare che non c’è recupero fisico che non passi per la mente e viceversa.