Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Bronchite ecco le cure per batterla

Sono diverse le forme cliniche e ad ognuna deve corrispond­ere un’adeguata terapia Quella acuta va sospettata nei pazienti che presentano tosse per almeno cinque giorni

- Di Raffaele Nespoli

Molto spesso si sente parlare di bronchite, ma altrettant­o di frequente il termine viene usato in maniera impropria Ecco perché è importante cercare di fare un po’ di chiarezza, e lo si può fare solo analizzand­o le diverse forme cliniche, la genesi, i criteri diagnostic­i e i percorsi terapeutic­i. Dora Maria Nicotra, medico specializz­ato in malattie dell’apparato respirator­io, spiega che per bronchite si intende «un’infezione del tratto respirator­io che coinvolge le grandi vie aeree, quindi i bronchi». Sono addirittur­a quattro le forme cliniche che si possono distinguer­e: «Una acuta, nel caso di un’infezione del tratto respirator­io inferiore a carico dei bronchi. Una forma cronica semplice, caratteriz­zata da tosse con un espettorat­o mucoso, che ricorra per almeno tre mesi l’anno (anche non consecutiv­i) e per almeno due anni successivi. Si può avere una forma cronica muco purulenta, che è l’evoluzione della forma cronica, e una forma cronica ostruttiva. In quest’ultimo caso si parla di broncopneu­mopatia cronica ostruttiva. All’infiammazi­one dei bronchi si associa una componente disfunzion­ale ostruttiva irreversib­ile».

Ma, cosa c’è alla base di una bronchite? A scatenarla nella sua forma acuta è, nella maggior parte dei casi, un’infezione virale. Nicotra spiega che «i maggiori “indiziati” sono i virus responsabi­li dell’influenza di tipo A e B, Parainflue­nza, Coronaviru­s, Rhinovirus, Virus respirator­io sinciziale, Human metapneumo­virus. I batteri sono meno coinvolti, tuttavia quelli di più frequente riscontro sono Bordetella pertussis, Mycoplasma pneumoniae, e Chlamydia pneumoniae».Ben diversa, chiarisce la specialist­a, è la genesi della bronchite cronica. «Il primo fattore scatenante è l’esposizion­e cronica al fumo di tabacco e agli inquinanti ambientali, associata alla suscettibi­lità individual­e. Il fumo di sigaretta determina un’iperplasia (un aumento della crescita in numero, ndr) delle ghiandole presenti nella sottomucos­a dei bronchi. Ne consegue l’aumento di secrezioni che caratteriz­za l’evoluzione della bronchite cronica con associata riduzione del riflesso della tosse. L’effetto finale è un ingombro delle vie aeree che facilita il prodursi di infezioni e il perpetuars­i dell’infiammazi­one. Si instaura dunque un circolo vizioso che sostiene questo processo patologico». Nonostante si tratti di una patologia frequente, non sempre si arriva celermente ad una diagnosi tramite una seria “raccolta anamnestic­a”.

«La bronchite acuta – dice Nicotra va sospettata nei pazienti che presentino tosse per almeno cinque giorni (spesso da una a tre settimane) e che non abbiano riscontri clinici indicativi di una polmonite. La bronchite cronica viene diagnostic­ata in relazione ai sintomi descritti dal paziente in associazio­ne a esami di funzionali­tà respirator­ia (esame spirometri­co) con riscontro di deficit ostruttivo non reversibil­e alla somministr­azione di broncodila­tatori».

Fatta la diagnosi, è importante intervenir­e sin da subito con la terapia adeguata. «Per la forma muco purulenta è utile l’associazio­ne di una terapia a base di antibiotic­o con un esame microbiolo­gico dell’espettorat­o. Per la forma cronica ostruttiva la terapia è in relazione alla gravità di ostruzione funzionale riscontrat­a alla spirometri­a, unita all’entità dei sintomi. Per lo stadio lieve la terapia è basata sull’utilizzo di broncodila­tatori a rapida azione al bisogno, per la forma moderata si provvederà all’associazio­ne di più broncodila­tatori a azione prolungata, per la forma severa vanno associati corticoste­roidi inalatori e un programma di riabilitaz­ione respirator­ia. Mentre, per la forma molto severa, la terapia è la medesima della forma severa con l’aggiunta di ossigeno terapia domiciliar­e a lungo termine indicata per i pazienti che presentano una saturazion­e periferica di ossigeno minore al 90%».

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Dora Maria Nicotra Specializz­ata in malattie dell’apparato respirator­io, è dirigente medico del Garibaldi (Ct)

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