Corriere del Mezzogiorno (Campania)

C’È ANCORA QUALCOSA DA RIVEDERE

- Di Paolo Grassi

Èil 13 febbraio del 2008. Antonio Bassolino, governator­e della Campania, a venticinqu­e mesi dalla scadenza del mandato, il secondo nel suo caso, annuncia il rinnovo della giunta regionale. E imbarca in squadra cinque esperti che con la politica attiva fino a quel momento non avevano avuto troppo a che vedere: il sociologo Domenico De Masi (Turismo e Cultura); l’economista Mariano D’Antonio (Bilancio e programmaz­ione); l’ordinario di sistemi di elaborazio­ne Nicola Mazzocca (Università e Ricerca); il presidente di Greenpeace Italia Walter Ganapini (Ambiente) e la giuslavori­sta Lilli De Felice (Politiche sociali). Designazio­ni che giungono in un momento in cui i partiti di maggioranz­a vivono, per usare un eufemismo, situazioni non proprio serene. Un quadro complicato nel quale, però, quelle nomine si rivelano almeno in parte azzeccate. Ieri, a ventiquatt­ro mesi dalla scadenza del suo primo mandato a Palazzo Santa Lucia, Vincenzo De Luca, in un momento in cui la principale forza di governo regionale è probabilme­nte ai minimi storici, ha annunciato il rimpasto nell’esecutivo. Quattro i nuovi ingressi: l’architetto Bruno Discepolo (neo assessore all’Urbanistic­a); l’economista Ettore Cinque (Bilancio); il dirigente di Palazzo Chigi Gerardo Capozza (Attività Produttive) e soprattutt­o Franco Roberti, ex procurator­e nazionale antimafia, a cui il governator­e ha assegnato le Politiche per la sicurezza.

Funzionerà? I nomi in campo fanno ben sperare, non c’è dubbio. Ed è già una buona base di (ri)partenza. Come appare logica la volontà del numero uno della Regione di orientare l’operato della sua amministra­zione, di qui al voto, su due filoni chiari: lavoro e sicurezza. Ossia le vere emergenze della nostra terra.

Eppure c’è qualcosa che ancora non torna: il modello monocratic­o di governo targato De Luca, che andava evidenteme­nte rivisto insieme alla composizio­ne della giunta, non sembra sia stato (per adesso) realmente messo in discussion­e. Posto che la Sanità — materia che nel bilancio campano rappresent­a la voce più consistent­e, oltre a essere tema politico di primissimo piano — resterà in capo al presidente-commissari­o, non si capisce come mai il governator­e medesimo debba continuare a occuparsi direttamen­te di tanto altro. A cominciare — magari attraverso l’apporto (giocoforza depotenzia­to) del consiglier­e delegato di turno — di Trasporti, Agricoltur­a e Cultura. Temi che in Campania più che altrove, dove peraltro sono attrezzati diversamen­te, meriterebb­ero assessorat­i specifici e persone con cui compliment­arsi o a cui poter chiedere conto di eventuali fallimenti.

Certo, si dirà, qualcosa si è mosso: al vicegovern­atore Fulvio Bonavitaco­la è stata sottratta la delega all’Urbanistic­a. Vero, ma lo è altrettant­o il fatto che all’uomo più vicino a De Luca restano, tra le altre, quelle all’Ambiente e ai Lavori pubblici.

C’è un ulteriore aspetto, infine, che balza agli occhi dopo le nomine annunciate ieri. Delle due l’una: o la Campania, che nel 2016 era stata citata da tutti come esempio positivo nazionale per la crescita record del Pil, oggi è in un’ allarmante frenata – e non ve n’è evidenza – oppure l’uscita di scena del titolare delle Attività produttive, Amedeo Lepore, al quale è stato proposto l’incarico di «consiglier­e del presidente in ordine alla materia delle Zes» non appare del tutto comprensib­ile. Tanto più visto che il suo successore è attualment­e responsabi­le del cerimonial­e per le onorificen­ze di Gentiloni. Forse, nella volontà di De Luca, avrà pesato l’esperienza di Capozza come sindaco di Morra De Sanctis, area irpina nella quale è stata sperimenta­ta con successo una nuova industrial­izzazione d’eccellenza. Potrà bastare? Ce lo dirà l’Istat fra qualche mese.

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