Corriere del Mezzogiorno (Campania)
E dal passato spunta lo scheletro del fuggitivo
Torna alla luce lo scheletro di un uomo di 30-35 anni privo di parte del torace e della testa finiti sotto al masso Osanna: «È una scoperta eccezionale e drammatica»
Una morte orribile in NAPOLI quel giorno senza luce, rischiarato solo dai sinistri bagliori dell’eruzione, di quasi duemila anni fa. Ebbe il tempo di avere paura, non quello di fuggire dalla furia del Vesuvio risvegliatosi all’improvviso, dopo circa 8 secoli di quiete, nelle prime ore del pomeriggio (almeno questa è la datazione ufficiale) del 24 agosto del 79 dopo Cristo.
Aveva problemi di deambulazione, probabilmente sperò di resistere in casa alla pioggia di pomice e lapilli che, dopo aver oscurato il cielo, investì mortalmente la città romana. Poi, pensò di uscire in strada e trascinarsi verso un luogo più sicuro che non raggiunse mai. Fu investito in pieno da un masso di 3 quintali, trasportato come un fuscello dalla nube piroclastica. Cadde all’indietro. Probabilmente morì sul colpo, schiacciato dal peso di quel macigno di uno dei tanti edifici crollati, o addirittura prima, soffocato dai miasmi bollenti. Se la tragica fine di uno dei tanti cittadini di Pompei può essere oggi ricostruita lo si deve al ritrovamento dello scheletro della vittima, privo del cranio, emerso dal materiale piroclastico nell’area del cosiddetto Cuneo, nella Regio V, dove, grazie ai fondi del Grande progetto Pompei, all’interno del parco archeologico, è stato aperto il più importante cantiere di scavo dal Secondo dopoguerra ad oggi.
Le ossa dell’ultimo fuggitivo di Pompei sono state ritrovate all’incrocio tra il vicolo delle Nozze d’argento e il vicolo dei Balconi, riportato alla luce circa una settimana fa. La parte alta del torace e il cranio non sono stati ritrovati. La speranza è che vengano ritrovate nello strato sottostante di materiale piroclastico. Le prime indagini sui resti dell’uomo, effettuati dall’antropologa del team scientifico responsabile dello scavo, Valeria Amoretti, hanno rivelato che si tratta di un adulto di circa 30-35 anni. La tibia presenta tracce evidenti di una pesante infezione ossea. «Forse — ipotizza la ricercatrice — una periostite o una osteomielite». Sta di fatpezzi to che proprio la patologia deve aver rallentato la fuga del poveretto.
«Una scoperta drammatica ed eccezionale», commenta il direttore del parco archeologico Massimo Osanna. Che negli ultimi giorni ha avuto un bel da fare nell’illustrare al mondo i nuovi reperti che gli scavi stanno rivelando con frequenza quasi quotidiana. Nella Regio V si era già scavato nel periodo borbonico. Ma le primitive e rudimentali tecniche, consistenti nelle realizzazione di cunicoli e rivolte non tanto al scoperta della città antica, quanto all’asporto di vasellame, statue e altri reperti da destinare all’arredo delle dimore dei sovrani napoletani e degli altri principi europei, hanno addirittura rischiato di compromettere per sempre un patrimonio storico-artistico di inestimabile valore.
Il soprintendente archeologo assicura che le analisi di laboratorio, con esami sistematici delle ossa e del Dna, potranno proiettare nuova luce sull’identità di quell’uomo costretto dalla propria menomazione fisica a restare prigioniero nella città agonizzante. Purtroppo il crollo del terreno tutto in torno allo scheletro non ha consentito di utilizzare il gesso per effettuare un calco secondo la tecnica messa a punto a metà Ottocento dal celebre archeologo Fiorelli. «In ogni caso — assicura Osanna — aggiungeremo un altro importante tassello alla storia di Pompei: è la prima volta dopo 40 anni che si ritrova uno scheletro». Soddisfazione dal ministro uscente dei Beni culturali Dario Franceschini. «Il mio mandato — ricorda — è iniziato con crolli a Pompei 7 giorni dopo il giuramento. E si conclude, sempre a Pompei, con ritrovamenti straordinari dopo 4 anni di restauri, di scavi in zone mai esplorate e con un milione di visitatori in più».