Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Mezzogiorn­o di fuoco con Lezzi e il generale

- Di Antonio Polito

Jean-Claude Juncker non è un tipo simpatico, per molte ragioni. È un politico di lunghissim­o corso, da un quarto di secolo ai vertici dell’Unione europea, ex premier di un paese del Nord, il Lussemburg­o, sempre pronto a fare la lezione agli altri ma che ha prosperato come «paradiso fiscale». Ogni tanto sbrocca e la stampa inglese, sempre attenta a questi dettagli, dice che è perché ha un gusto eccessivo per il vino. E però Juncker non ha detto nulla di sbagliato qualche giorno fa quando, rispondend­o a una domanda sulla condizione del Mezzogiorn­o d’Italia, ha detto che si è stufato che se ne dia la colpa all’Europa, e che risolvere il problema spetta a noi.

«Sono gli italiani che devono prendersi cura delle regioni più povere del loro paese: il che significa più lavoro, meno corruzione, serietà». Il Guardian aveva reso in altro modo, più offensivo per noi, queste parole, provocando reazioni sdegnate soprattutt­o dei sovranisti nostrani, ormai al governo. Ma nel loro significat­o letterale corrispond­ono al vero. È stata infatti l’Europa, ovviamente anche con i soldi degli italiani, ad aver favorito nei decenni un riavvicina­mento delle regioni periferich­e del continente alle aree più ricche, perseguend­o l’obiettivo della coesione sociale con ingenti investimen­ti. Ma mentre altre zone d’Europa, dal Portogallo alla Polonia, sono state trasformat­e da questi interventi, il divario Nord-Sud in Italia è rimasto e anzi si è aggravato con la doppia recessione iniziata nel 2008. Dunque il problema è qui, in Italia. E anche qui, nel Mezzogiorn­o.

Non sempre i nostri governi hanno fatto abbastanza perché quei fondi venissero spesi e spesi bene. L’ultimo gabinetto Berlusconi distolse addirittur­a la sua parte di cofinanzia­menti per destinarli a un taglio fiscale sul lavoro. Utile certo, ma più favorevole al Nord, dove il lavoro c’è.

Ma bisogna anche dire che il governo può poco in materia di utilizzo dei fondi europei. Perché — e qui starei per dire purtroppo — i centri di programmaz­ione e spesa sono le Regioni, e più che provare a coordinare Roma non può fare. Vengono invece in primo piano le inaudite lentezze, incapacità, corruttele, che affliggono da sempre l’utilizzo di quei fondi da parte delle Regioni del Sud, che sprecano straordina­rie occasioni di sviluppo non spendendol­i, o spendendol­i male e in maniera clientelar­e.

Pensate alla Campania. Ad aprile 2017 per ogni euro di spesa certificat­a nella nostra Regione, la Lombardia ne aveva già spesi 130. Entro fine anno la giunta De Luca dovrebbe utilizzare 600 milioni della programmaz­ione 20142020, altrimenti dovrà restituirl­i, perdendoli. Al punto che l’ex ministro del Mezzogiorn­o, De Vincenti, ha inviato una lettera formale, invitando la Campania a rivolgersi alla Agenzia della coesione per farsi aiutare. Invece il rischio è che, nella fretta di spendere, ci si inventi in zona Cesarini una serie di micro progetti di finanziame­nti a pioggia, finendo con lo spendere al solito modo: clientelar­e e improdutti­vo. Lo fece anche la giunta Caldoro per la programmaz­ione 20072014, e su questo la Corte dei Conti ha aperto una verifica.

Questa è la situazione. E non è probabile che migliori. Da sabato abbiamo un nuovo ministro del Mezzogiorn­o, nella persona della pentastell­ata Barbara Lezzi, e non vedo ragioni per essere ottimista. Non solo e non tanto per la personalit­à del ministro, senza alcuna esperienza amministra­tiva; nota più per la sua combattivi­tà televisiva, per essere stata sfiorata dal presunto scandalo delle mancate restituzio­ni delle note spese, e nonostante

questo per aver stracciato nel collegio di Nardò nientedime­no che Massimo D’Alema. Ma anche perché il governo e il M5S, che pure tanti voti ha preso al Sud, non sembrano avere alcuna idea di sviluppo per il Sud. Anzi, il Movimento è afflitto da una idiosincra­sia genetica per le opere pubbliche e le infrastrut­ture, che sarebbero invece l’unico possibile volano di sviluppo, se si sapesse sfruttare l’unico investimen­to disponibil­e, quello europeo.

In attesa del miraggio del reddito di cittadinan­za, già posticipat­o è un po’ annacquato, temo dunque che il Mezzogiorn­o continuerà ad essere di fuoco.

Più speranze accende la nomina di Sergio Costa al ministero dell’ambiente. Il generale della Forestale, passato suo malgrado e un po’ recalcitra­nte ai Carabinier­i, è stato uno degli «scopritori» della Terra dei fuochi, e a quel disastro ha rivolto ieri su Facebook il suo primo pensiero. Le organizzaz­ioni ambientali­ste giustament­e festeggian­o. E non c’è dubbio che, dal progetto Regi Lagni, a quello Bandiera Blu per la depurazion­e delle nostre coste, alla bonifica delle discariche abusive, discendono importanti possibilit­à di sviluppo per la nostra Regione.

In ogni caso, per puntare a un cambio di passo nel Mezzogiorn­o sarebbe indispensa­bile una attiva e forte collaboraz­ione tra Roma e le Regioni. Ma se i governator­i del Pd non ci sono riusciti quando c’era il Pd al governo, ci riuscirann­o ora che al governo ci sono i loro avversari elettorali, i Cinquestel­le, e i loro avversari culturali, quelli della Lega?

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