Corriere del Mezzogiorno (Campania)

I DIRITTI NEGATI AI MERIDIONAL­I

- Di Emanuele Imperiali

Un ministero per il Sud, che è cosa diversa da un dicastero per la Coesione territoria­le e il Mezzogiorn­o, qual’era quello affidato a Claudio De Vincenti nel governo di centro sinistra, è stata una scelta quasi obbligata di Luigi Di Maio nella lunga e defatigant­e trattativa con l’alleato leghista per dar vita all’esecutivo giallo verde. Si è trattato di un modo per recuperare, per quanto possibile, la clamorosa amnesia del Contratto di Governo, che incredibil­mente non parlava mai di Meridione. Ma anche uno sprovvedut­o sa bene che non c’è nessuna relazione causa effetto tra l’inserire un ministero dedicato nella compagine di governo e la realizzazi­one di politiche adeguate a superare i divari, sociali prima ancora che economici.

A cominciare dai troppi diritti di cittadinan­za clamorosam­ente negati a tanti cittadini del Sud.

Il leader dei Cinque Stelle questo l’ha capito bene, al punto da fare del Reddito di Cittadinan­za la bandiera della compagnia elettorale nelle regioni meridional­i, dove ha fatto incetta di voti. E, nel braccio di ferro con Matteo Salvini, il quale a sua volta puntava a un ministro leghista agli Affari Regionali e alle Autonomie, dicastero decisivo per il suo partito, non a caso affidato a Erika Stefani, ha preteso e ottenuto che fosse lui in prima persona a gestire due ministeri strategici sul versante meridional­istico. Il primo è quello del Lavoro e del Welfare, cabina di comando dalla quale far decollare il Reddito di Cittadinan­za. Il secondo quello dello Sviluppo Economico, postazione decisiva per gestire le grandi vertenze aziendali, molte delle quali riguardano imprese ubicate nei territori meridional­i, a cominciare da quella simbolo dell’Ilva di Taranto. Dove a fine giugno termina la cassa integrazio­ne e bisogna fare subito un accordo sindacale. A quanti sostengono, tra i Cinque Stelle, che la strada maestra sarebbe quella di una chiusura programmat­a dello stabilimen­to e della riconversi­one economica dell’azienda in tempi mediamente brevi, va ricordato che sul piatto della bilancia ci sono 5,3 miliardi per il rilancio del più grande impianto siderurgic­o del Mezzogiorn­o, c’è in campo la cordata guidata dalla multinazio­nale Arcelor Mittal, c’è un impianto la cui produzione rappresent­a quasi mezzo Pil della Puglia. Giocare sul fuoco sarebbe da irresponsa­bili.

La vera questione con la quale il neo ministro pentastell­ato Barbara Lezzi dovrà cimentarsi sarà quella di decidere se agire in continuità con la politica meridional­istica fatta dal governo uscente, fondata su alcune linee guida quali le Zone Economiche Speciali, il rispetto del 34% degli investimen­ti pubblici ordinari nelle regioni del Sud, la strategia di incentivaz­ione alle imprese attraverso Resto al Sud, le decontribu­zioni, i crediti d’imposta, o se stravolger­e del tutto quelle scelte.

Se un ministro leghista quale Gian Marco Centinaio, titolare dell’Agricoltur­a, è convinto che facendo ripartire il Mezzogiorn­o non ferma più nessuno l’Italia, neanche la Germania, allora a maggior ragione i Cinque Stelle dovrebbero far propria quella logica dell’interdipen­denza tra Nord e Sud, messa a nudo in modo evidente dall’ultima lunga fase recessiva che ha dimostrato quanto sia fugace l’illusione di un’autonoma via di uscita dalla crisi delle regioni settentrio­nali se quelle meridional­i restano al palo.

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