Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«Ha un cancro» ma non è vero L’ospedale paga
Non c’era alcuna neoplasia alla colecisti, il Cardarelli viene condannato
Per due mesi ha vissuto
NAPOLI con l’incubo di avere il cancro alla colecisti, sulla base di una diagnosi effettuata al Cardarelli. In realtà, come è stato poi accertato da ulteriori esami eseguiti in altre strutture sanitarie, la sua patologia era di natura molto meno grave.
L’ospedale in tribunale
Quando lo ha saputo ha citato in giudizio il più grande ospedale del Mezzogiorno, sostenendo di avere contratto, sulla base di quella diagnosi errata, uno stato di grave stress emotivo. I giudici del tribunale di Napoli gli hanno dato ragione in primo grado ed hanno condannato l’azienda ospedaliera a risarcirlo con 64.670 euro. Protagonista della vicenda un uomo di 70 anni della zona flegrea, che è stato assistito dall’avvocato Raffaele Scelzo. Tutto comincia – si apprende nella sentenza firmata dal giudice Ettore Pastore Alinante, della II sezione civile del Tribunale di Napoli – il 22 febbraio 2014, quando il paziente è dimesso dal Cardarelli con diagnosi di «neoplasia della colecisti infiltrante le vie biliari, la flessura colica ed il parenchima epatico». Seguono giorni da incubo per il malato. Non dorme, mangia a stento, si chiude in una sorta di isolamento in attesa del peggio. I familiari provano ad aiutarlo, almeno sotto il profilo psicologico, e contattano una neurologa dell’Asl Napoli 2, che certifica una sindrome ansioso-depressiva. Il 7 marzo, poi, decidono di sottoporlo ad ulteriori accertamenti. L’esito della tac smentisce il Cardarelli. C’è pus nella colecisti, ma non si nota alcunché che possa far ipotizzare un cancro. La prova del nove arriva qualche settimana più tardi. Il 10 aprile il paziente è sottoposto ad un intervento di asportazione della colecisti presso una clinica del Casertano. Il 22 aprile l’esame istologico chiarisce che l’uomo non ha mai avuto un tumore, ma soffre di una infiammazione.
«Colecistite acuta suppurativo necrotica, con fibrosi della parete e pericoli cistica» è il responso. Scatta l’istanza di risarcimento in Tribunale, come sempre più spesso accade da parte di chi ritenga di essere stato vittima di un episodio di malasanità.
Gli effetti
Il settantenne sostiene che la diagnosi errata del Cardarelli, in base alla quale gli era stata prospettata una brevissima aspettativa di vita, ha avuto effetti devastanti sul suo equilibrio psicologico. Chiede 150.000 euro. Il Cardarelli si oppone. Il giudice nomina un consulente tecnico di ufficio: l’oncologo ed internista Ernesto Celentano. Il perito dà torto ai suoi colleghi del reparto di Chirurgia Epato-Biliare dell’ospedale. Sottolinea nella sua relazione che le immagini scaturite dalla tac e dalla risonanza magnetica ed in base alle quali i sanitari avevano diagnosticato con certezza il cancro al paziente erano, in realtà, compatibili con la presenza di altre patologie. «Non fu considerato – scrive – che immagini del tutto sovrapponibili possono derivare dalla presenza di raccolte ascessuali a livello della colecisti». Ricorda, inoltre, che i markers tumorali risultavano tutti nella norma e che la colonscopia non aveva assolutamente confermato l’ipotesi del tumore. Conclude: «In assenza di un riscontro istologico fu comportamento imprudente, da parte dei medici del Cardarelli, formulare una diagnosi certa di neoplasia colecistica infiltrante gli organi contigui». Il medesimo consulente si rivolge ad una psicologa affinché accerti in che misura la diagnosi errata abbia danneggiato l’equilibrio psichico del paziente.
«Il grave disturbo»
La dottoressa rileva «un grave disturbo postraumatico da stress acuto, che ha provocato una invalidità permanente pari al 21% di danno biologico». Sulla base di queste perizie il giudice sentenzia che i medici del Cardarelli hanno operato con negligenza e quantifica il risarcimento in 64.670 euro, oltre interessi legali. La delibera di liquidazione della somma da parte dell’ospedale risale al 28 maggio scorso.
La perizia Immagini sovrapponibili possono derivare dalla presenza di raccolte ascessuali nell’organo»