Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Abusi, ora le donne non hanno più paura di denunciare
NAPOLI La Rete Territoriale Cav (Centro antiviolenza) per le donne è presente da circa due anni a Napoli con 5 Centri antiviolenza su 10 Municipalità. Queste strutture offrono un servizio per la prevenzione e il sostegno delle donne e dei loro figli, vittime di violenza.
Il Comune di Napoli sostiene il progetto E.R.A. (Esperienza Rete Antiviolenza) a cui sono stati affidati i 5 Poli Cav. Nel novembre 2016, alle cooperative sociali “Be Free” e “Xenia” vennero concessi dei lotti sul territorio, diventati poi sede del progetto, prima seguito dall’Assessorato alle Politiche Sociali, poi dalla delegata Pari Opportunità Simonetta Marino. Il servizio offre ascolto telefonico e accoglienza diretta, presa in carico ed elaborazione di un piano d’intervento, assistenza legale gratuita. Nel 2018 i casi di violenza sono stati molti, come ci ha raccontato Rosaria Esposito, responsabile del Polo 2 del Vomero in Via Giacinto Gigante 242. «All’inizio noi svolgiamo una campagna di informazione presso le scuole dice la Esposito -. Lo abbiamo fatto presso i licei Galilei e Mazzini. Qui spieghiamo la differenza tra relazione sana e malata, dove una donna diventa “crocerossina” pensando di salvare un partner anaffettivo e aggressivo. A 14 anni si pensa che l’eccessiva gelosia di un ragazzo sia una prova d’amore. Si concede al partner il controllo del vestiario, dello smartphone. Non bisogna invece fagocitarsi l’un l’altro. La coppia sana prevede un compagno che assolve al ruolo di amico, marito, amante nel rispetto della altrui libertà. Una donna su tre ha subìto violenza nella vita e non lo sa. Quando si informano sui nostri servizi, si sentono meno sole».
Esposito spiega: «Spesso riceviamo chiamate dal 1522, numero verde per le emergenze che smista sui territori regionali. Abbiamo tuttavia in sede numeri fissi e di rete mobile reperibili H24. Siamo attivi 3 giorni a settimana dalle ore 9 alle 13, giovedì dalle ore 9 alle 17». La responsabile della struttura del Vomero racconta che è una «professionista di relazioni d’aiuto». «Adesso lavoro come volontaria e aiuto le donne a sentirsi a proprio agio, secondo il principio della “sorellanza”. Gli ultimi casi sono stati emblematici. Si parla di ceti agiati. Una donna che lavora, costretta a subire dal marito umiliazioni quotidiane. La accusava di essere stupida, inadatta a gestire la famiglia, di guadagnare meno di lui. Tra le discussioni la massacrava di botte continuamente e i bimbi erano costretti a guardare. L’uomo ha ammesso la sua colpevolezza ed è stato condannato a due anni di carcere, mai scontati a causa di benefici giudiziari».
Poi altri casi. «Il proprietario di un negozio, colto in flagrante e denunciato dalla moglie per violenza e stalking, ha affermato in dialetto ai carabinieri «Se vatto mia moglie mica è un reato?». Condannato ad un mese di galera e poi ai domiciliari. E poi una ragazza universitaria, entrata in terapia dopo abusi sessuali subìti dal cugino. Abbiamo accolto donne minacciate di essere incendiate davanti alla Polizia o ferite con armi. Un caso di stupro avvenuto a Fuorigrotta. Chi subisce violenza psicologica non viene creduto. Noi aiutiamo a denunciare, ricordando testimoni ed effettuando refertazioni psicologiche degli ospedali che lasciano segni nel tempo. Cito una vignetta di Vauro: ‘se un uomo ti fa violenza, che fai? Mi sposto’. Spesso anche in casi meno gravi si ha bisogno di ascolto. Avere il coraggio di lasciare partner inadeguati o denunciare violenza domestica è importante».
«Gli uomini buoni esistono - conclude Esposito - e vanno educati da piccoli al rispetto del “sentimento”. Dimostrare affetto, amore, piangere non sono forme di debolezza. È così che possono nascere famiglie sane» .