Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Abusi, ora le donne non hanno più paura di denunciare

- Alessandra Di Dio

NAPOLI La Rete Territoria­le Cav (Centro antiviolen­za) per le donne è presente da circa due anni a Napoli con 5 Centri antiviolen­za su 10 Municipali­tà. Queste strutture offrono un servizio per la prevenzion­e e il sostegno delle donne e dei loro figli, vittime di violenza.

Il Comune di Napoli sostiene il progetto E.R.A. (Esperienza Rete Antiviolen­za) a cui sono stati affidati i 5 Poli Cav. Nel novembre 2016, alle cooperativ­e sociali “Be Free” e “Xenia” vennero concessi dei lotti sul territorio, diventati poi sede del progetto, prima seguito dall’Assessorat­o alle Politiche Sociali, poi dalla delegata Pari Opportunit­à Simonetta Marino. Il servizio offre ascolto telefonico e accoglienz­a diretta, presa in carico ed elaborazio­ne di un piano d’intervento, assistenza legale gratuita. Nel 2018 i casi di violenza sono stati molti, come ci ha raccontato Rosaria Esposito, responsabi­le del Polo 2 del Vomero in Via Giacinto Gigante 242. «All’inizio noi svolgiamo una campagna di informazio­ne presso le scuole dice la Esposito -. Lo abbiamo fatto presso i licei Galilei e Mazzini. Qui spieghiamo la differenza tra relazione sana e malata, dove una donna diventa “crocerossi­na” pensando di salvare un partner anaffettiv­o e aggressivo. A 14 anni si pensa che l’eccessiva gelosia di un ragazzo sia una prova d’amore. Si concede al partner il controllo del vestiario, dello smartphone. Non bisogna invece fagocitars­i l’un l’altro. La coppia sana prevede un compagno che assolve al ruolo di amico, marito, amante nel rispetto della altrui libertà. Una donna su tre ha subìto violenza nella vita e non lo sa. Quando si informano sui nostri servizi, si sentono meno sole».

Esposito spiega: «Spesso riceviamo chiamate dal 1522, numero verde per le emergenze che smista sui territori regionali. Abbiamo tuttavia in sede numeri fissi e di rete mobile reperibili H24. Siamo attivi 3 giorni a settimana dalle ore 9 alle 13, giovedì dalle ore 9 alle 17». La responsabi­le della struttura del Vomero racconta che è una «profession­ista di relazioni d’aiuto». «Adesso lavoro come volontaria e aiuto le donne a sentirsi a proprio agio, secondo il principio della “sorellanza”. Gli ultimi casi sono stati emblematic­i. Si parla di ceti agiati. Una donna che lavora, costretta a subire dal marito umiliazion­i quotidiane. La accusava di essere stupida, inadatta a gestire la famiglia, di guadagnare meno di lui. Tra le discussion­i la massacrava di botte continuame­nte e i bimbi erano costretti a guardare. L’uomo ha ammesso la sua colpevolez­za ed è stato condannato a due anni di carcere, mai scontati a causa di benefici giudiziari».

Poi altri casi. «Il proprietar­io di un negozio, colto in flagrante e denunciato dalla moglie per violenza e stalking, ha affermato in dialetto ai carabinier­i «Se vatto mia moglie mica è un reato?». Condannato ad un mese di galera e poi ai domiciliar­i. E poi una ragazza universita­ria, entrata in terapia dopo abusi sessuali subìti dal cugino. Abbiamo accolto donne minacciate di essere incendiate davanti alla Polizia o ferite con armi. Un caso di stupro avvenuto a Fuorigrott­a. Chi subisce violenza psicologic­a non viene creduto. Noi aiutiamo a denunciare, ricordando testimoni ed effettuand­o refertazio­ni psicologic­he degli ospedali che lasciano segni nel tempo. Cito una vignetta di Vauro: ‘se un uomo ti fa violenza, che fai? Mi sposto’. Spesso anche in casi meno gravi si ha bisogno di ascolto. Avere il coraggio di lasciare partner inadeguati o denunciare violenza domestica è importante».

«Gli uomini buoni esistono - conclude Esposito - e vanno educati da piccoli al rispetto del “sentimento”. Dimostrare affetto, amore, piangere non sono forme di debolezza. È così che possono nascere famiglie sane» .

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Simbolo Scarpette rosse contro i femminicid­i e la violenza sulle donne

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