Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Resta chiuso il Parco dei Camaldoli È una (involontaria) area protetta
Zona off limits dallo scorso anno. Ora poiane, corvi e picchi sono gli unici frequentatori Riaprirlo? Dal Comune rispondono: non si sa
NAPOLI Questa volta nessuna comunicazione ufficiale è stata diramata, ma il cancello serrato non lascia spazio a dubbi: il Parco dei Camaldoli è ancora una volta inaccessibile. Un milione di metri quadrati di macchia mediterranea dietro un catenaccio arrugginito. Restano irrisolti i problemi di manutenzione e gestione della seconda area verde più vasta di Napoli dopo Capodimonte, patrimonio paesaggistico abbandonato in cima a una collina perennemente a rischio di cedimenti. Una visita programmata al bosco, prima di raggiungere il vicino Eremo, ci è dunque impedita da una selva di sbarre metalliche.
Le ultime notizie sicure risalgono alla metà dell’anno scorso, quando l’area era stata interdetta per un mese dal Comune «a causa di infiltrazioni d’acqua e smottamenti che hanno interessato punti diversi del perimetro verde». In quella occasione, il presidente della commissione Trasparenza del Comune Mimmo Palmieri aveva richiamato l’attenzione su «un territorio devastato, nel quale i lavori avviati nel 2006 dal Commissariato Straordinario di Governo per l’Emergenza Sottosuolo non sono stati ultimati, e nel quale si registra un altissimo rischio di tenuta idrogeologica».
Cause principali della instabilità sono l’urbanizzazione, spesso abusiva, la deforestazione e l’obliterazione dei corsi d’acqua. L’intervento congiunto di assessorato all’ambiente e tecnici dell’Abc aveva comunque consentito la riapertura a luglio. Una soluzione che ha solo rinviato il problema, come dimostra il nuovo stop agli ingressi. Però la nostra voglia di esplorare intanto non si placa. Seguiamo il muro perimetrale fino ad un punto dove risulta facile scavalcare e saltiamo dentro. Pochi passi ed ecco che «il dolce vallone rivestito di giovani castagni», descritto dal meridionalista Giustino Fortunato nel 1870, è diventato una giungla, con i rovi spinosi che si avvinghiano alle gambe e alla giacca. Tra i cespugli emergono sacchi della spazzatura e materiale di risulta. I sentieri ripristinati nel 1996 sono spariti nel mare verde come in America Latina talvolta è accaduto alle antiche città Maya. Ben presto, l’intrico di rami e il terreno franoso ci costringono a tornare indietro. Attualmente gli unici frequentatori del parco sono gli uccelli: corvi, picchi e passeri svolazzano felici tra i rami, al riparo dallo sguardo famelico dei falchi pellegrini e delle poiane.
«L’attività di osservazione per fortuna continua, perché la nostra base è adiacente ma non dentro il bosco», spiega Leonardo Dell’Annunziata, presidente dell’associazione di birdwatching Agrifoglio. «Da lì possiamo comunque constatare — aggiunge — lo stato di abbandono in cui versa da sempre l’area verde. Di questa ennesima chiusura non ce ne eravamo neanche accorti». Anche sul cancello d’ingresso non c’è un avviso, un’ordinanza, una misera spiegazione. Neppure un’informazione sui siti web istituzionali. Proviamo a chiamare il numero di telefono fornito dal Comune di Napoli. Ci rispondono dopo un solo squillo. «Il parco? No, non è accessibile. La guardiola è praticamente distrutta e poi sono necessari parecchi interventi di riqualificazione». Ma quando potrà riaprire? «Nessuno lo sa».