Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Ecco i colori dell’antichità Il Mann «ridipinge» le statue

Un progetto di ricerca sulla policromia nel mondo antico restituisc­e ai reperti i colori originari. Sarà creato un archivio digitale

- di Mirella Armiero

NAPOLI Gi affreschi di Pompei ci mostrano un suggestivo mondo a colori, ma le statue della collezione Farnese — come tante altre del mondo greco-romano — si offrono agli occhi dei visitatori nel loro marmo bianco, seducente ma algido. Colore poi mutuato dalla statuaria successiva, tanto che i grandi artisti rinascimen­tali o neoclassic­i hanno lavorato materiali candidi.

Eppure le opere d’arte dell’antichità non sono state sempre monocrome. Erano invece variopinte, come ricorda anche Eva Cantarella, studiosa del mondo antico: «Se potessimo vedere il Partenone nelle sue tinte originali resteremmo assai sorpresi. Ormai siamo abituati a duemila anni di statue bianche, ma quelle antiche recano talvolta tracce dei loro colori originari». È il caso della celebre Venere in bikini pompeiana, così detta proprio perché all’altezza del seno reca ancora il disegno originale d’un corpetto in colore oro.

Il prezioso reperto sarà uno di quelli interessat­i da un progetto sulla policromia. Per restituire, ovviamente solo sul piano virtuale, i colori originari alle statue. Lo promuove il Mann ed è stato presentato ieri mattina nella sede del museo. La curatrice di «Mann in colours» è l’archeologa Cristiana Barandoni. La prima fase durerà tre anni e impiegherà nuove tecnologie e software digitali grazie alla collaboraz­ione scientific­a con la National Taiwan Normal University di Taipei. Parallelam­ente alle indagini diagnostic­he, che partiranno da luglio in collaboraz­ione con il laboratori­o di restauro del Mann, sarà fin da subito parte integrante del progetto l’apertura verso il pubblico di tutte le fasi della ricerca, grazie alla realizzazi­one di una expert room o «cantiere aperto».

«Dopo aver dedicato lo scorso anno una mostra a Winckelman­n», spiega Giulierini, «uno dei teorizzato­ri del candore delle statue classiche che ha aperto una scuola di pensiero tenacement­e impermeabi­le all’idea del colore, il Mann continua nel processo di stimolo della ricerca concentran­dosi appunto sulla policromia, che rende molto più vicini i capolavori antichi alla tradizione della statuaria lignea sovradipin­ta di età medievale e rinascimen­tale presente nelle nostre chiese. Lo straordina­rio effetto dei pigmenti, che mira ad una volontà di realismo, ci porta a riflettere su quanto parziali e decontestu­alizzate possano essere le esposizion­i museali. Per fare un esempio sarebbe come se noi esponessim­o fra 2000 anni una macchina da corsa di una nota casa costruttri­ce di Maranello senza il caratteris­tico colore rosso: le avremmo privato l’aspetto più identitari­o».

Da circa vent’anni a questa parte, hanno spiegato i promotori dell’iniziativa, la ricerca sulla policromia ha fatto passi da gigante ed è diventata materia di studio interdisci­plinare, combinando da una parte le moderne strumentaz­ioni e tipologie di analisi, dall’altra raccoglien­do come base teorica competenze umanistich­e fondamenta­li per il raggiungim­ento dei risultati.

«Da quando mi sono avvicinata al tema della policromia ne ho subito colto il valore», dichiara la curatrice Cristina Barandoni, «e mi sono interrogat­a su come fare uscire questo argomento dalle stanze degli addetti ai lavori e diffonderl­o al grande pubblico. È straordina­rio il potere evocativo delle immagini di sculture alle quali viene restituita l’originaria policromia e i musei hanno un ruolo centrale nella trasmissio­ne di questo messaggio. Ricercare “i colori degli antichi” significa trasmetter­e conoscenza, educare a un approccio alla statuaria classica completo ma soprattutt­o emozionare di fronte ad opere che, per vicende collezioni­stiche e di restauri non sempre filologica­mente corretti, hanno perso l’aura originale. Non si tratta di ricolorare le sculture ma indagare se e come fossero dipinte e tentare di ricucire la loro storia». Il Mann si muove sulle tracce di una esperienza simile al Copenhagen Polychromy Network, per sviluppare infine un database consultabi­le dal pubblico.

Le prime statue ad essere analizzate saranno quelle della collezione Farnese, a partire dall’Atlante, ma tra le cento opere individuat­e, che non si sposterann­o dalla loro collocazio­ne, c’è anche Venus Marina, il rilievo del Thiasos dionisiaco di Ercolano.

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 ??  ?? La statuetta raffigura Afrodite in atto di slacciarsi il sandalo del piede sinistro, sotto cui è accovaccia­to un piccolo Eros che, con la mano destra, tocca la suola della calzatura Gli studiosi riporteran­no alla luce gli originali colori del corpetto,...
La statuetta raffigura Afrodite in atto di slacciarsi il sandalo del piede sinistro, sotto cui è accovaccia­to un piccolo Eros che, con la mano destra, tocca la suola della calzatura Gli studiosi riporteran­no alla luce gli originali colori del corpetto,...
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 ??  ?? Venere in bikini
Venere in bikini
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 ??  ?? Policromia Un’altra delle statue del Mann che sarà «ricolorata», partendo dal bracciale che cinge uno dei polsi della donna
Policromia Un’altra delle statue del Mann che sarà «ricolorata», partendo dal bracciale che cinge uno dei polsi della donna

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