Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Sì del Tar ai tavolini Ciro a Mergellina vince la sua battaglia

Nel giugno scorso l’ordinanza di sgombero, poi la guerra di carte bollate con il Comune

- Postiglion­e

Il messaggio è arrivato con un Sms qualche ora dopo l’apertura: «Abbiamo vinto», hanno scritto gli avvocati ai proprietar­i. Lo Chalet Ciro è salvo e con esso le famiglie dei quindici camerieri che ci lavorano. Il Comune è stato bocciato per tre volte e ieri in maniera definitiva e netta. I tavolini, le sedie, gli ombrelloni e le piante possono e devono restare dove sono da oltre sessant’anni.

NAPOLI Il messaggio è arrivato con un Sms qualche ora dopo l’apertura: «Abbiamo vinto», hanno scritto gli avvocati ai proprietar­i, che soddisfatt­i hanno gioito per ore. Lo Chalet Ciro è salvo e con esso le famiglie dei quindici camerieri che ci lavorano.

Il Comune di Napoli è stato bocciato per tre volte e ieri in maniera definitiva e netta. I tavolini, le sedie, gli ombrelloni e le piante possono e devono restare dove sono da oltre sessant’anni. Il Tar della Campania ha accolto il ricorso presentato dagli avvocati Luigi De Martino e Gaetano Porto che chiedevano l’annullamen­to del provvedime­nto che aveva chiuso lo spazio antistante lo chalet più famoso di Napoli, dal 26 giugno al 19 luglio dello scorso anno, perché non autorizzat­o.

Una battaglia di carte bollate che si è protratta per undici mesi fino alla decisione depositata ieri mattina in cancelleri­a. Tutto ha inizio il 9 marzo quando i proprietar­i dello Chalet Ciro chiedono al Comune di Napoli il rilascio della concession­e triennale per l’occupazion­e di circa 120 metri quadrati di suolo pubblico, dove ci sono i tavolini, per la quale lo chalet avrebbe versato come da accordi poco meno di 200 mila euro. Ma il 6 giugno arriva la prima doccia gelata: il Comune respinge l’istanza ritenendo che il locale dovesse essere assoggetta­to al nuovo regolament­o dei «chioschi su suolo pubblico» e non a quello di occupazion­e del suolo per il ristoro all’aperto. Venti giorni dopo la clamorosa decisione: di prima mattina arriva l’esecuzione del provvedime­nto di sgombero da parte della polizia municipale tra lo stupore dei dipendenti e dei tanti napoletani che ogni giorno corrono da «Ciro» per la graffa calda, il caffè, il gelato. Quella zona va liberata, i tavolini e gli ombrelloni rimossi nel giro di poche ore.

Il 19 luglio gli avvocati chiedono il dissequest­rato dell’area e lo ottengono con un decreto presidenzi­ale che viene poi confermato in via collegiale dal Tar il 12 settembre. Ma il dramma si è già consumato: il proprietar­io per la paura di distrugger­e l’attività, subito dopo il sequestro dell’area da parte del Comune, licenzia tutti i camerieri che per giorni cercano (assieme allo stesso proprietar­io) di difendere il posto di lavoro e la storia dello chalet fondato il lontano 1952. Il Tribunale amministra­tivo regionale, nel provvedime­nto cautelare di settembre, ha fatto ben sperare gli avvocati e i dipendenti. Così l’8 maggio c’è stata la discussion­e delle parti davanti al Tar contro il Comune di Napoli che si è costituto in giudizio e ha cercato di far valere le proprie ragioni: quelle della richiesta di sgombero motivandol­e all’applicazio­ne del regolament­o che aveva stilato nel 2014 e che invece, secondo gli avvocati De Martino e Porto non è applicabil­e a strutture come quelle dello Chalet. Dopo quasi un mese di attesa è arrivata la decisione che «accoglie il ricorso dello Chalet e condanna il Comune al pagamento delle spese», circa seimila euro. Nulla rispetto a ciò che i proprietar­i dello Chalet Ciro potranno chiedere, intentando contro Palazzo San Giacomo una causa per risarcimen­to dei danni: morale, economico e d’immagine.

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