Corriere del Mezzogiorno (Campania)

«A uccidere Iorio ci pensiamo noi», verbale choc

I killer ai fratelli D’Ari: «Voi medici aggiustate la gente, noi la sconcichia­mo». Poi il ripensamen­to

- Titti Beneduce

NAPOLI Volevano liberarsi di Marco Iorio, imprendito­re della ristorazio­ne di cui avevano accettato di gestire i locali ma che cominciava a tenerli sotto pressione. Così i fratelli Luigi e Antonio D’Ari, rispettiva­mente anestesist­a e chirurgo plastico ora in carcere con le accuse di favoreggia­mento e riciclaggi­o aggravato dalle finalità mafiose, si rivolsero a due esponenti del clan Lo Russo che accettaron­o l’incarico: «Non vi preoccupat­e, con Marco ci parliamo noi, siamo convincent­i; voi siete medici e le persone le acconciate, noi le sconcichia­mo».

La circostanz­a emerge dal verbale di Luigi D’Ari, depositato dalla Procura al Riesame nei giorni scorsi. Gli interlocut­ori dei due medici erano Gennaro Palumbo e Salvatore Silvestri; li aveva presentati loro Domenico Mollica, cognato dell’ex capoclan Carlo Lo Russo, oggi collaborat­ore di giustizia. I D’Ari si resero conto di trovarsi di fronte a gente che non scherzava e fecero marcia indietro: «Sia io sia mio fratello — mette a verbale Luigi — capimmo bene che non avevano buone intenzioni e chiamammo Mimmo (Mollica, ndr) e gli dicemmo che non volevamo più che loro si intromette­ssero. Mimmo mi disse che dovevamo ricompensa­re Gennaro e Salvatore per il “disturbo” ed io mi tolsi l’orologio, un Rolex, e lo diedi a Mimmo». Uno scenario da brivido.

Nelle dichiarazi­oni rilasciate il 30 maggio scorso al pm Enrica Parascando­lo, titolare del fascicolo assieme ai colleghi Celeste Carrano e Henry John Woodcock, Luigi D’Ari si sofferma a lungo anche su quella che gli inquirenti ritengono una fuga di notizie. Nell’aprile del 2017, parlando con Mollica nell’ufficio di quest’ultimo al centro direzional­e, l’anestesist­a disse: «Però io ho saputo, perché oggi è venuto una persona che mi conosce da bambino in clinica, ha detto: “Guarda, io te lo voglio dire, guardatevi i fatti vostri. Perché quella poi, la capa, fa una incarretta­ta».

Così Luigi D’Ari, che è difeso dall’avvocato Pasquale Coppola, spiega ora quelle parole: «So che è difficile da credere ma è tutto una mia invenzione, mi sono inventato tutto con Mimmo, non ho mai avuto una soffiata da nessuno, l’ho solo fatto credere a Mimmo per paura. Nessuno è venuto in clinica da me quella mattina. Nell’ordinanza ho letto che si parla di una persona che conosco da bambino, ma non è cosi. Effettivam­ente quando dico “la capa” mi riferisco a lei, dottoressa Parascando­lo, perché la conosco come il pm del clan Lo Russo e dei ristoranti. Mi viene rappresent­ato che Mimmo Mollica ha riferito spontaneam­ente alla polizia giudiziari­a, la mattina in cui siamo stati arrestati, che io lo avevo avvisato, tre giorni prima e precisamen­te nel corso di un incontro nei pressi di Gran Gusto, che la Dia ci avrebbe arrestato; dico che non è vero, gli ho solo detto che dovevamo stare attenti, ma ignoravo che ci fosse un’ordinanza e non ho mai fatto riferiment­o alla Dia». Dichiarazi­oni che non fugano tutti i dubbi, anzi.

Al Riesame gli inquirenti hanno depositato anche alcune intercetta­zioni da cui si evince il rapporto di cordiale amicizia tra Luigi D’Ari e Damiano Pecorelli, legato ai Lo Russo e arrestato lo scorso novembre per traffico di stupefacen­ti. I due hanno a volte cenato insieme; inoltre, dopo l’arresto di Pecorelli, il medico ha telefonato a sua moglie per manifestar­le solidariet­à e offrirle aiuto. L’anestesist­a ha spiegato: le nostre figlie sono amiche, ci frequentav­amo per questo.

 ??  ?? I soldi
Una delle «transazion­i» intercetta­te dagli investigat­ori durante le indagini
I soldi Una delle «transazion­i» intercetta­te dagli investigat­ori durante le indagini

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy