Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Il mega-concerto per Pino tra brand e città reale
Caro direttore, l’interessante dibattito che si è aperto sulle pagine del suo giornale a seguito della serata dedicata a Pino Daniele, ancora una volta ha acceso i riflettori su una verità a volte dimenticata.
La tradizione della cultura napoletana, che nella canzone e nella lingua trova la sua espressione più popolare, è viva e forte, di carattere non solo nazionale ma internazionale. Il brand «Napoli» è noto nel mondo da secoli. Ha avuto alti e bassi, dal settecento ad oggi. La crisi dei rifiuti ha segnato ad inizio secolo un apice negativo da cui lentamente ci siamo finalmente ripresi. I meriti di questa ripresa non vanno ascritti ad una parte politica ma ai flussi turistici internazionali influenzati dalla crisi del terrore islamico. Piuttosto, si confondono ancora le responsabilità reali di quella drammatica crisi. Le responsabilità non furono tanto di chi governava e voleva realizzare il termovalorizzatore di Acerra (grazie al quale la crisi è stata poi risolta e senza il quale oggi non possiamo reggere nemmeno una settimana), quanto di chi dall’opposizione si incatenava e si opponeva in ogni modo alla sua realizzazione. Opposizione politica e culturale che poi è diventata forza di governo in città.
Ma torniamo al brand Napoli. Vero, vi è una ripresa. Napoli fa tendenza. E questo è certamente un bene. Attira turisti e operatori culturali e della moda. L’immagine di Napoli, in confronto alle drammatiche foto delle colline dei rifiuti sul lungomare di dieci anni fa, è percepita, da chi non vive a Napoli e dai turisti, in notevole miglioramento. Certo, i turisti si scontrano poi con le difficoltà nei servizi e nei trasporti, ma è un dato incontrovertibile che la città è tornata ad essere luogo di interesse e di curiosità. Ma a fronte di un’immagine migliorata per i turisti, a fronte di un brand che torna a fare tendenza dopo anni bui, quali sono le condizioni della città reale? Quali sono le condizioni di vivibilità per i cittadini napoletani? Colline dei rifiuti a parte, non c’è dubbio alcuno che le condizioni di vita per i cittadini napoletani negli ultimi anni sono peggiorate. Tutti gli indici lo dimostrano, numeri alla mano. A causa anche del dissesto finanziario dell’ente Comune, il cui disavanzo negli ultimi anni si è triplicato, ma non solo. A causa soprattutto di una «non cultura» della gestione amministrativa, vista e vissuta quasi come un fastidio. I trasporti, la manutenzione delle strade e degli edifici, i servizi sociali, la sicurezza, l’ordine pubblico, l’illegalità diffusa. Tutto è peggiorato sulla pelle dei cittadini. Insomma, il brand va da un lato e la vivibilità ordinaria va dall’altro. Arrivano i turisti ma chi vive a Napoli se può fugge.
Allora attenzione. La crisi economica e sociale della città è drammatica e si commetterebbe un grave errore a pavoneggiarsi che il brand Napoli attira le griffe della moda ed i turisti. Quello che manca a Napoli è un modello di sviluppo sostenibile, una seria proposta di gestione amministrativa e contabile, che possa offrire ai cittadini condizioni di vita accettabili e consolidare gli effetti positivi che il brand Napoli può portare al territorio. La classe borghese ed intellettuale è chiamata ad un rapido risveglio. La politica, intesa come amministrazione della cosa pubblica, appare sempre più abbandonata dalle competenze, il populismo ed il pressapochismo hanno la meglio. O si inverte la rotta, o il nuovo brand Napoli resterà soltanto una bella nuova canzone malinconica per i nostri ragazzi lontani.