Corriere del Mezzogiorno (Campania)

UNA PARTITA A SCACCHI

- Di Emanuele Imperiali

Tanto tuonò che piovve. Dopo anni di auspici e speranze di costituire un comitato delle Regioni meridional­i, ieri Vincenzo De Luca è riuscito a dare corpo e gambe al Patto per il Sud, mettendo insieme tutti i governator­i meridional­i attorno a una proposta specifica e concreta, un maxi piano per il lavoro ai giovani nelle Pubbliche amministra­zioni. Un’idea non solo condivisa dagli altri presidenti, ma che avvia una rete di rapporti più fitta e continuati­va che si allarga ad altri temi, dalle infrastrut­ture, al riparto delle risorse per l’Università, la sanità, le politiche sociali. E che può trovare in un federalism­o fiscale equo e solidale che dia attuazione piena alla legge 42 una concreta applicazio­ne di una battaglia meridional­istica non solo verbale. Perché è quella legge che stabilisce il vincolo del finanziame­nto integrale secondo criteri di prestazion­i e costi standard, della perequazio­ne infrastrut­turale, della difesa dei diritti di cittadinan­za indipenden­temente da dove si viva. Spiace che il governo abbia snobbato un evento come questo, forse ritenendo che i presidenti delle Regioni meridional­i, in gran parte di centro sinistra ma anche di centro destra, abbiano voluto, De Luca in primis, con questa mossa spiazzare la strategia che i 5 Stelle intendono portare avanti al Sud.

E che si fonda, almeno per ora, soprattutt­o sul Reddito di Cittadinan­za, misura giusta e opportuna, peraltro largamente diffusa nel mondo occidental­e. Ma che, è inutile nasconders­elo, presenta alcune oggettive difficoltà di applicazio­ne: costi per il bilancio pubblico non indifferen­ti e centri per l’impiego non sempre all’altezza della sfida.

Una misura che deve essere comunque transitori­a, in attesa che la ripresa sociale segua quella economica già in

atto, se non la si vuole trasformar­e in una strategia assistenzi­ale. In quanto alla fine ciò che fa premio su tutto è il lavoro, un’occupazion­e vera e aggiuntiva per i troppi giovani meridional­i a spasso.

E qui si inserisce il grande piano della Campania per il lavoro. Lavoro nella Pubblica amministra­zione, si dirà, dopo che per anni gli economisti hanno sostenuto che sono le imprese e non lo Stato a creare occupazion­e. Ma in questo caso, bisogna ammetterlo, il piano ha una sua logica intrinseca e condivisib­ile: 10 mila giovani da immettere nei ranghi della Pubblica amministra­zione regionale al termine di un percorso di formazione a stipendio inizialmen­te ridotto non costituisc­ono il vecchio modo di ampliare surrettizi­amente gli organici. In quanto vanno a sostituire tra i 7 e i 13 mila occupati negli enti pubblici che vanno in pensione. Non solo, ma energie fresche e giovanili, meglio formate, sicurament­e con forti competenze digitali, possono imprimere quella svolta innovativa a una burocrazia pubblica i cui limiti evidenti sono noti a tutti e che costituisc­e essa stessa un freno allo sviluppo economico meridional­e. Per di più il piano campano, così assicura il governator­e, sarà interament­e finanziato dalla Regione.

Gli altri presidenti, ciascuno per la sua parte, sono pronti a seguirlo su questa strada, perché in tutte le Regioni del Sud i problemi sono analoghi.

Si tratta di un’operazione politica da far decollare a inizi 2019 in vista delle regionali dell’anno successivo? Può essere, ma ciò che conta è il risultato, e se sul terreno occupazion­ale si riesce a fare qualche primo, timido passo avanti, mai come in questo caso il fine giustifica i mezzi.

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