Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Nei guai Genny «la carogna» Affari in cella con l’iPhone 8
Arrestato per droga ora è in isolamento. Rischia il trasferimento
A Genny «la carogna» è stato sequestrato in cella un iPhone 8, completo di cuffie, caricabatterie e collegamento internet ultraveloce. Con lo smartphone gestiva dal carce- re alcuni affari, ma soprattutto seguiva il suo amato Napoli (lui uno dei protagonisti della notte nera di Napoli-Fiorentina, finale di Coppa Italia nel 2014). Insomma, non poteva resistere all’idea di perdersi le partite di Sarri & co. Aveva saputo, poi, che gli azzurri avevano preso come allenatore Carlo Ancellotti e si interessava di calciomercato, anzi era un esperto. Poi ieri sono iniziati i Mondali in Russia, era già pronto a poter guardare tutti i match «live». Invece...
Non poteva resistere all’idea di perdersi le partite del Napoli di Sarri. Aveva saputo, poi, che gli azzurri avevano preso come allenatore Carlo Ancellotti e si interessava di calciomercato, anzi era un esperto. Poi ieri sono iniziati i mondali in Russia, si era già organizzato per poter guardare tutti i match «live». Una cuffia senza fili all’orecchio, caricabatterie portatile e collegamento a internet ultraveloce.
Nella sua cella al padiglione Avellino del carcere di Poggioreale aveva creato anche una sorta di call-center: telefonate e messaggi a tutte le ore. Gennaro De Tommaso, al secolo «Genny ’a carogna», era diventato una «leggenda» anche a Poggioreale e qualche volta lo si sentiva canticchiare i cori della Curva A che per anni ha «comandato», quando era il leader dei «Mastiffs», un gruppo ultras storico dello stadio San Paolo. Ma la polizia penitenziaria aveva capito tutto e così nel corso di un blitz lunedì scorso ha sequestrato il suo prezioso iPhone 8, più altri cinque cellulari che erano nascosti in tre celle vicine alla sua. Lui si è mostrato sbalordito della rapidità dell’azione degli agenti, ma era prevedibile che prima o poi intervenissero per una ispezione: Genny è un personaggio molto noto ma soprattutto molto influente e da qualche tempo, si ritiene da mesi, aveva la disponibilità di un telefono cellulare che qualcuno dei suoi familiari, nel corso di un colloquio, gli ha passato nascosto o nella biancheria o nelle vettovaglie. Dalla cella del padiglione Avellino dove è detenuto dal 16 luglio del 2017 non aveva mai smesso di controllare il suo gruppo criminale. Questo il sospetto della penitenziaria che ha redatto un lunghissimo verbale e un’annotazione di servizio.
De Tommaso è stato spostato in isolamento in attesa della decisione del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria che a breve potrebbe trasferirlo in un altro carcere, lontano centinaia di chilometri dalla sua Napoli. È accusato di associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti perché era riuscito a costruire negli anni un rapporto solido con le organizzazione di narcos del Sudamerica. Così, tra una partita e l’altra del Napoli, faceva arrivare in città tonnellate di hashish e di marijuana che la sua «paranza» di ragazzi vendeva quotidianamente a piazza Bellini e a Forcella. Per lui il pubblico ministero della Dda, Francesco De Falco, ha chiesto la condanna a venti anni di reclusione. Ma Genny «’a carogna» è salito alla ribalta delle cronache italiane non tanto per il suo arresto di un anno fa, quanto per la «trattativa» che mise in piedi la sera del 3 maggio del 2014 allo stadio Olimpico di Roma. Il Napoli avrebbe dovuto giocare la finale di Coppa Italia contro la Fiorentina, ma nel pomeriggio, a Tor di Quinto, un ultras della Roma, Daniele De Santis, sparò un colpo di pistola contro Ciro Esposito, un tifoso del Napoli morto dopo un mese di agonia. Tra i ventimila napoletani presenti in cur- va si diffusero voci contrastanti. C’è chi diceva che fosse morto, chi no. Così Genny e il suoi ultras decisero di lanciare in campo decine di fumogeni per bloccare l’avvio della partita. E così fu, fino a quando non ebbero rassicurazioni dal capitano del Napoli Marek Hamsik e dai vertici delle forze dell’ordine: Ciro era ancora vivo. Alzò le mani, placò l’ira dei tifosi e la partita cominciò ma senza tifo e festeggiamenti, perché il Napoli quella coppa la vinse ma con il lutto nel cuore per il ferimento di un proprio tifoso. Per i disordini dell’Olimpico e per la maglietta nera che indossava a cavalcioni sulle balaustre dell’Olimpico e che inneggiava alla scarcerazione di Antonino Speziale, l’ultrà del Catania accusato di aver ucciso l’agente della polizia Filippo Raciti, fu condannato e scontò quasi tutta la pena agli arresti domiciliari a Livorno. Poi la scarcerazione e il nuovo arresto. Allo stadio San Paolo non aveva più rimesso piede perché aveva avuto un Daspo di quattro anni. Ma le partite, quelle le voleva comunque vedere. Pure in carcere.