Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«Il governo deve restituirci credibilità»
D’Amato: «L’Italia è distante dall’Europa come il Mezzogiorno lo è dal Nord. Occupazione e reddito per tutti»
NAPOLI «L’impresa italiana, e questo vale ancora di più per il Mezzogiorno, risente del paradosso che caratterizza l’Italia. Questo Paese è il luogo dei desideri. È qui che da tutto il mondo si vuole venire dopo la pensione per godere del clima e della bellezza, qui che si produce moda che piace ad ogni latitudine, qui che in tanti sognano di trascorrere le vacanze. È questa la terra dei cibi più straordinari che si possano immaginare. Ma a tutto questo corrisponde un deficit di immagine palpabile, che si concretizza in una mancanza di credibilità».
Antonio D’Amato — presidente di Seda group e past president di Confindustria — è un fiume in piena. È uno dei relatori del convegno organizzato da Panorama a Napoli su «Eccellenze locali e grandi multinazionali», ma non esita ad affrontare anche temi «politici» e a dare una strigliata ad un sistema avviluppato su se stesso. «L’immagine bassa dell’Italia nel mondo fa sì che il super lusso e il super food abbiamo una price positioning più bassa rispetto alla Francia — sottolinea —. E in questo contesto c’è un divario grande fra le aziende che ce la fanno e si impongono con successo e quelle che invece vanno incontro alla mortalità. Un divario che al Sud è ancora più percepibile. È necessaria una riforma e la consapevolezza che alla domanda interna va affiancata una esportazione internazionale. E che è con l’innovazione e la sostenibilità che si vince, con la valorizzazione delle risorse umane che si va avanti e con la capacità di guardare oltre».
Per parlare del nuovo governo il presidente ancora una volta fa riferimento al mondo dell’industria. «La gente, l’eccellenza operativa e i clienti: questi sono i tre punti fondamentali attorno ai quali ruota il mondo dell’impresa — ricorda —. La gente in politica corrisponde ai giovani da formare. Ma la formazione è inadeguata ed occorre fare un deciso passo in avanti in questo senso, senza perdere altro tempo. L’eccellenza operativa, poi: occorrono riforme vere e strutturali per essere competitivi. Siamo di fronte alla quarta rivoluzione industriale e non possiamo arretrare, né essere impreparati. Sarebbe come costruire un ponte senza realizzare l’ultimo tratto. Se si creano le condizioni giuste si può avere piena occupazione e reddito più alto per tutti. Oltre a città più vivibili. Terzo punto i clienti e cioé i cittadini. Noi siamo di fronte ad un Paese che non si vuole bene. Il 75 per cento dei beni artistici e culturali è in Italia, ma quando ci guardano da fuori vedono il modo osceno — a Napoli, a Roma e in altre città — in cui trattiamo i nostri tesori. Siamo un Paese che non si vuole bene. E la sfida che dobbiamo portare avanti è quella di recuperare questo squilibrio con la competitività, la capacità di guardare oltre nel nome della sostenibilità».