Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Per niente Candida
Cara Candida, da due anni vivo col fantasma del mio amore che non c’è più. Se n’è andato di notte, morendo di colpo in casa di un’altra. E prima, me n’ero andata via io, in un modo più consono, dicendogli che se non ci lasciavamo mi avrebbe fatto morire di crepacuore. Era scombinato, bugiardo, c’era e non c’era. S’incasinava da solo e incasinava me. L’ho lasciato come prima altre cento volte, perché non potevo vivere con lui ma neanche senza di lui. Quando l’ho lasciato, si diceva disperato, mi chiamava ogni giorno e intanto stava con un’altra e io non lo sapevo. Ci stava forse da prima? Non saprei dirlo. Prima di quel momento, non l’avrei mai creduto. Poi, dopo, lo sai come sono gli amici, parlano sempre dopo. Allusioni e mezze frasi che non ho voluto capire. So, se fosse stato con me, sarebbe ancora vivo, non sarebbe caduto nella spirale di autodistruzione a cui si abbandonava quando mi stava lontano. Ero la sua stabilizzatrice, l’altra no. L’altra erano bagordi, notti in piedi, una vita tirata al massimo, allo stremo. Da due anni, lo vedo ovunque, accanto a me nel letto, e a tavola, e a volte sono tentata da apparecchiare per lui, se non fosse che ho visto troppe telenovele per rendermi così ridicola anch’io. Però torno a casa presto e non esco, come se lui ci fosse, come se stesse per mettersi sul divano accanto a me ancora per guardare un’altra puntata di una serie tv, l’ultima poi andiamo a letto. Non so perché ti scrivo, non ho neanche domande da porti.
Carla
Cara Carla, non ci sono domande che vogliamo porre quando esistono solo risposte che non vogliamo sentire. Ringrazi la sorte o Dio o chi vuole che se ne sia andato in casa di un’altra, che le abbia risparmiato almeno l’ultimo dolore di vederlo andar via tra le sue braccia. Sempre, nelle relazioni distruttive, in un modo o nell’altro, uno dei due soccombe. Sta all’altro rialzarsi e comprendere che aveva scelto di stare nel dolore perché nel dolore ci sappiamo star tutti, ma la pace si è in pochi a saperla costruire. Lo dimostra questa sua vita col fantasma, dove il fantasma che le si aggira per casa, però, è lei stessa. Il fantasma che vede fuori di sé è il buio che ha dentro di sé, ce l’aveva prima e ce l’ha adesso. È la paura di non saper avere una vita a modo. Diceva il poeta William Blake: «Ogni uomo è in potere dei suoi fantasmi fino al rintoccare dell’ora in cui la sua umanità si desta». La sfida è imparare a vivere, a scegliere amori sani e a non restare inchiodati all’incompiuto che mai avrebbe potuto prendere forma. La prossima volta, si trovi un uomo che non sia autodistruttivo, vedrà che andrà tutto bene.
Non si tratta di moralismo ma fare del male non ci fa bene
Gentile Candida, ho 36 anni e la primavera mi ha dato alla testa. Esco da una lunga relazione e questa è come se fosse la prima primavera (ormai l’estate) della mia giovinezza. Ho dei corteggiatori e me li godo. Esco con un uno, con l’altro, non m’impegno con nessuno. Li prendo in giro, a volte. A volte, mi spingo a lusingarli o a maltrattarli, dipende, fino a renderli il più possibile pazzi di me. Mi diverto, ho voglia di leggerezza. Mi sento una farfalla piena di possibilità. Le mie amiche, però, hanno iniziato a storcere il naso. Con una, ho avuto una discussione, mi ha dato della poco di buono. Vabbè, se l’è presa perché uno è sposato, io ho finto di amarlo alla follia, di offendermi perché non lascia la moglie, allora lui l’ha lasciata davvero, solo che io non lo volevo. Me la sono cavata, ho fatto la capricciosa e sono riuscita a rispedirlo dalla moglie senza tuttavia perderlo. Mi diverte terribilmente prendermi gioco di questi uomini che non si accorgono che li prendo in giro. È un periodo, che c’è di male?
Elena
Cara Elena, che sarà mai se facciamo del male a qualcuno? Se glielo facciamo così, giusto per divertirci un po’? A parti inverse, lei non ne sarebbe contenta. Ma sempre, al di là di ogni moralismo, al cospetto del giudizio universale, rispondiamo anzitutto del bene e del male che facciamo a noi stessi, al progetto a cui dovremmo dedicarci per realizzarci al meglio. Quando siamo crudeli verso qualcuno, non siamo mai buoni verso noi stessi. Diceva Paul Valéry che bisogna imparare la leggerezza, mai la frivolezza. Stasera, spenga la luce, stacchi il telefono e, onestamente, si chieda che tutta questa effimera gioia la chiamerebbe felicità.
Ecco come affrontare un nuovo progetto a due
Gentile Candida, leggendo molto attentamente «tra le righe» la
lettera di Caterina, pubblicata domenica 17 giugno, consiglierei alla signora e al suo compagno di meditarla davvero molto la scelta di abitare nella stessa casa. Se proprio vogliono buttarsi in questa avventura - che potrebbe risultare molto pericolosa, sarebbe più che opportuno per una soluzione ottimale trovare due appartamenti sullo stesso piano. In alternativa, trovare un’abitazione che desse la possibilità a ognuno di loro di avere la propria camera da letto, il proprio bagno e la propria stanza/studio con televisione. Per quanto riguarda il sospetto di Caterina quando scrive che forse non ama abbastanza il suo compagno perché trema al solo pensiero di potersi ridurre a sua badante, se lo riterrà opportuno, le riferisca che - secondo me sicuramente non lo ama perché colui o colei che ha timore di fare la «fine di badante» non conosce, neppure minimamente, cos’è l’amore. Se può, «amore» lo scriva maiuscolo. Cari saluti con un mondo di auguri di ogni bene,
Raffaele Pisani
Caro Raffaele, ogni amore trova i suoi accomodamenti e non vorrei inchiodare i timori di Caterina alla paura di ridursi a badante. Credo che la nostra lettrice abbia usato quell’espressione quasi per paradosso. Ciò che mi ha colpito nella storia di quei due sessantenni che da vent’anni vivono un bell’amore in case separate è il profondo rispetto che hanno uno per l’altro. Scriveva Caterina: «Abbiamo sempre creduto nella necessità di mantenere il mistero. Le coppie smettono di amarsi perché uno dei due russa, l’altro lascia i calzini in giro… È stato sempre bello ritrovarci a cena fuori dopo una doccia anziché sfatti mentre tornavamo a casa, ognuno reduce da una giornata pesante». Poi, entrambi sanno che le stagioni della vita cambiano. E, col dovuto tremore, si stanno preparando a cambiare vestito. E quando affrontiamo un nuovo progetto in due, è sempre consigliabile diffidare un po’ di noi stessi .