Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Ali Chahrour: l’uso del corpo nella cultura musulmana
Il coreografo libanese stasera al Trianon per il Teatro Festival Italia
«Nei miei spettacoli mi interrogo sul senso della danza contemporanea nel Medioriente islamico, lì dove questo linguaggio non è nato, e che può vantare solo lontane radici nelle antiche tradizioni gestuali». Parola di Ali Chahrour, che a soli 29 anni è considerato uno dei più importanti coreografi del mondo arabo (è libanese e musulmano sciita).
Stasera alle 21 sarà ospite del Napoli Teatro Festival Italia al Trianon e sarà la prima volta che presenterà in Italia un suo lavoro, «My he rise and smell the fragrance», che chiude una trilogia di cui fanno parte anche «Fatmeh» e «Leila’s death», ospiti nel 2016 al Festival di Avignone, dove porterà, subito dopo Napoli, anche quest’ultima coreografia, già sold out.
«Non c’è dubbio che il corpo nella mia cultura rappresenti un argomento difficile, segnato da un sacco di regole che vanno rispettate. E allora occorre sottrarlo all’esibizione per spingerlo sul terreno della storia, del mito e del rito, così presenti nelle cerimonie funebri dell’antica Mesopotamia. In questo caso l’ispirazione è il mito di Ishtar, la dea babilonese dell’amore, della fertilità e della guerra, e del suo sposo Tammuz, il dio pastore». Perché in quei momenti così drammatici si aprono possibilità non contemplate nella vita quotidiana di un buon Sciita. «Per esempio – continua Chahrour – a una madre disperata, anche se in una moschea, è consentito di strapparsi il velo dalla testa. E io, nel mio spettacolo, mostro il seno dell’attrice siriana Hala Omran, perché in quel momento è una mamma che vorrebbe allattare il figlio morto. Ho rischiato, ma ho fatto questo spettacolo 5 volte a Beirut, e nessuno mi ha criticato, perché quella scena è apparsa naturale». Una riflessione quindi sui rituali funebri. «In cui – conclude il coreografo libanese - affronto anche un altro tema. Tutti pensano che nella cultura araba le maggiori limitazioni siano per le donne. E invece ci sono anche quelle maschili. Un uomo, infatti, deve avere un controllo assoluto dei propri sentimenti: non può commuoversi, non può piangere, non deve soffrire. Una contraddizione che mostrerò in scena».