Corriere del Mezzogiorno (Campania)
La cucina è maschio
A casa come in televisione la preparazione delle leccornie oggi è delegata anche agli uomini: manca il tempo o la cultura?
La donna angelo dei fornelli (oltre che del focolare in genere) è svanita, inghiottita da un mondo globale sempre più tinto di rosa. Potrebbe essere questa la spiegazione più a portata di mano, forse anche un po’ semplicistica, di un dato di fatto incontrovertibile: la donna trascorre sempre meno tempo in cucina. Lo dicono chiaramente innanzitutto le classifiche delle principali guide e premi internazionali. Proprio la scorsa settimana la graduatoria dei The world’s 50 best restaurants stilata dal periodico britannico Restaurant, ha fotografato in maniera impietosa l’assunto appena riportato: per trovare la prima donna si deve scendere al 31esimo posto: la figlia d’arte Helena Arzak a San Sebastian affianca il padre Juan Mari nel celebre locale lanciato da quest’ultimo. Ma la marginalità delle donne in cucina è sancita soprattutto nell’ambito domestico. Questione di tempo, si dirà. Certamente, questione di tempo: la donna che lavora non può dedicarsi in via esclusiva alla gestione della casa e dell’alimentazione familiare. Il fatto è che anche nei momenti di relax, è difficile che si decida di coltivare la passione per la cucina. La praticità ha il sopravvento.
Ed ecco spiegato il ricorso massiccio a cibi precotti o comunque preconfezionati da infornare solo, magari nel microonde. L’altra sfogo di questa tendenza è il ricorso sempre più frequente al take away. Ormai molte salumerie, per non parlare dei megastore del food inglobano nella propria offerta piatti già pronti, dall’antipasto al dolce. Fin qui la descrizione di un fenomeno e della sua crescente diffusione.
Non si è ancora arrivati tuttavia a fornire una spiegazione. A parer mio la mancanza di tempo rappresenta solo una concausa, o, meglio, l’occasione della sempre più evidente latitanza dalle cucine. In realtà, credo che sia l’effetto dell’inceppo del sapere culinario da una generazione a un’altra. Per ritrovare la consapevolezza e soprattutto il gusto di “spignattare”, secondo la tradizione, per mantenere in vita un patrimonio culturale e identitario unico bisogna ormai risalire alle nonne. Il culto dei piatti antichi, molti dei quali non ammettono la fretta, nè per la preparazione né per il consumo, non appartiene più forse nemmeno alla generazione delle mamme. È molto più facile trovare una massaia “dilettante” in grado di realizzare un roll giapponese che una buona pasta e fagioli. Quest’ultima è figlia delle tradizione, i secondi sono magari l’oggetto di uno dei mille corsi di cucina, che hanno soppiantato il burraco nella classifica dei passatempo ideali.
La tendenza Nonostante il successo di gare tv con gli chef sono sempre meno le donne che amano preparare da mangiare Boom piatti da asporto