Corriere del Mezzogiorno (Campania)
I micro-cellulari che beffano i metal detector di Poggioreale
I detenuti in permesso lo introducono in carcere occultandolo nelle scarpe da ginnastica. Con scheda è venduto a 150 euro
Èpiccolo quanto un accendino e viene assemblato su misura al mercatino della Duchesca dove «artigiani del malaffare» sono in grado di riprodurre proprio tutto. C’è tanta plastica attorno e pochissimo materiale ferroso in modo che può superare con estrema facilità il controllo del metal detector.
NAPOLI È piccolo quanto un accendino e viene assemblato su misura al mercatino della Duchesca dove «artigiani del malaffare» sono in grado di riprodurre proprio tutto. C’è tanta plastica attorno e pochissimo materiale ferroso in modo che può superare con estrema facilità il controllo del metal detector. Leggerissimo, piatto e con le funzioni essenziali. Una tastiera numerica, il tasto di accensione e spegnimento e uno schermo da pochi centimetri.
Eccolo il micro-cellulare del carcere di Poggioreale che rende il penitenziario partenopeo una succursale di un call center, nonostante l’impegno profuso dagli agenti di polizia penitenziaria e dal direttore del carcere. Ma contro il micro-cellulare, l’ultima diavoleria escogitata dai detenuti, non c’è proprio nulla da fare perché è praticamente invisibile, tanto piccolo che addirittura se ne riescono a portare all’interno fino a quattro alla volta.
Come? Il sistema è ingegnoso. Succede che chi esce in permesso o in semilibertà si fa “scavare” la suola della scarpa, spesso un paio di sneaker, giusto per lo spazio necessario ad occultare all’interno un telefonino, o addirittura, se è una scarpa invernale, anche quattro tutti assieme. La suola incisa viene incollata nuovamente sul cellulare così da risultare intatta. All’esame dei metal detector non suona e così il gioco è fatto. Quei telefoni, con numeri intestati a stranieri ignasupposta. ri di esser titolari di una utenza mobile, sono molto ricercati all’interno del carcere e, addirittura, fonti accreditate rivelano che c’è un vero e pro- prio mercato parallelo tra le mura di Poggioreale.
Il telefono cellulare all’esterno del carcere costa 35 euro e viene rivenduto completo di scheda per 150 euro. Oltre alle scarpe, per poter entrare il micro-cellulare alcuni decidono di nasconderlo nelle parti intime, a mo’ di Allo stesso modo si fanno entrare le dosi di sostanze stupefacenti. Infine, il terzo modo per poter introdurre il telefono è nel pacco che arriva ai detenuti, dove ci sono sia le vettovaglie sia gli indumenti.
Essendo piccolissimo può anche sfuggire ai controlli serrati degli agenti. Quei cellulari poi riescono a passare da una cella all’altra in modo molto semplice e non solo durante l’ora d’aria, tra i corridoi che portano al cortile, ma anche con la complicità di alcuni detenuti addetti ai lavori che vengono pagati per i loro «servizi». Il caso più clamoroso degli ultimi tempi, raccontato proprio dalle colonne del Corriere del Mezzogiorno, è stato quello degli smartphone rinvenuti nella
Le dimensioni Assemblato al mercato della Duchesca È poco più grande di un accendino
Perquisizioni Tempo fa furono trovati nel reparto di Alta sorveglianza ben otto smartphone
cella di Gennaro De Tommaso, al secolo Genny ’a carogna. Il boss del traffico di droga di Forcella, e capo del gruppo dei Mastiffs della curva A, aveva però cellulari di ultima generazione. Un iPhone 8 con una scheda telefonica ultraveloce con la quale si collegava ad Internet e in streaming riusciva a vedere le partite del Napoli.
Nel reparto dell’Alta Sorveglianza, quello destinato a detenuti che rispondono di reati associativi, che sulla carta dovrebbe essere blindato, nel corso di una ispezione voluta dal direttore ed eseguita dalla polizia penitenziaria, furono trovati addirittura sei telefoni cellulari. De Tommaso dopo il blitz in cella è stato trasferito a Livorno: tornerà a Napoli soltanto per i processi.