Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«Regali per chiudere un occhio» Tre finanzieri nei guai
Le indagini dei colleghi. Anche macchine per caffè e biglietti del Napoli per chiudere un occhio L’uomo con la sua azienda aveva ottenuto, pagando tangenti, l’appalto delle pulizie al Pascale
NAPOLI L’imprenditore che pagava tangenti per ottenere appalti nella pulizia degli ospedali era a sua volta vittima di estorsioni da parte dei clan del Vomero e soprattutto era vessato da tre militari della Guardia di Finanza.
Da ieri uno dei tre, il luogotenente Claudio Nicoletta, è agli arresti domiciliari, mentre gli altri due, i marescialli aiutanti Antimo Di Donato e Antonio Gambardella, sono sospesi dal servizio rispettivamente per sei mesi e un anno. Sono accusati di diversi episodi di concussione. Il gip Luana Romano non ha ritenuto invece che sussistessero le esigenze cautelari per Domenico Bisogni, ex responsabile della Gestione beni e servizi dell’istituto per la cura dei tumori «Pascale», accusato di corruzione: è ormai in pensione da tempo e non può reiterare il reato nè inquinare le prove.
L’imprenditore reo confesso, che aveva già raccontato come si aggiudicava in maniera illegale gli appalti del «Santobono», è Pietro Coci, amministratore di fatto della «Euro servizi generali group».
Avrebbe dato a Bisogni denaro e un orologio in cambio di appalti al «Pascale», tramite un sindacalista e il titolare del bar interno all’ospedale. Ma Coci, con le sue dichiarazioni, ha anche squarciato il velo sull’operato dei tre finanzieri, che avviavano verifiche fiscali sulle aziende e, dopo aver fatto credere ai titolari che la situazione fosse molto critica, si facevano consegnare soldi o beni per chiudere un occhio e redigere falsi verbali. L’elenco emerge dall’ordinanza emessa dal gip Luana Romano: un telefono, una macchinetta per il caffè, la rata dell’Imu, carburante, sigari pregiati, liquori, casse di pesce, risme di carta per fotocopiatrice, cinque libri per la preparazione di concorsi pubblici, biglietti per la partita Napoli - Milan del 22 febbraio 2016, pranzi, colazioni al bar. La richiesta più bizzarra, avanzata ai titolari di una ditta che alleva e macella polli, è quella di un gallo da combattimento. A Nicoletta, Di Donato e Gambardella viene poi contestata la truffa, dal momento che facevano risultare straordinari in realtà mai svolti.
Le indagini sui tre militari sono cominciate quando la squadra mobile intercettava Coci nell’ambito del filone degli appalti ospedalieri. Intuito che nelle verifiche fiscali compiute dai finanzieri ci fosse qualcosa di anomalo, il pm Henry John Woodcock, titolare del fascicolo, ha deciso di affidare gli approfon- dimenti proprio alle fiamme gialle e in particolare al nucleo di polizia economica e finanziaria, guidato dal colonnello Giovanni Salerno, del quale i sottufficiali facevano parte (erano in servizio al gruppo tutela entrate).
Sono stati proprio i colleghi, dunque, a raccogliere con discrezione gli elementi a loro carico e a consegnarli al pm. Successivamente, le verifiche fiscali presso la società di Coci sono state rifatte e nei giorni scorsi i finanzieri hanno notificato all’imprenditore un decreto di sequestro per circa 870.000 euro emesso dal gip Marcello De Chiara.
Tutti gli imprenditori costretti a pagare i militari infedeli hanno sottolineato lo stato di prostrazione nel quale erano caduti a causa delle minacce. Era soprattutto Nicoletta, destinatario non a caso della misura più afflittiva, a mostrarsi arrogante ed esigente con le sue vittime: «Agiva - scrive il gip - in qualità di capo indiscusso, dimostrando assoluta spregiudicatezza nell’avanzare le richieste di denaro o di altre utilità, nella quasi totalità delle ipotesi sfruttando il timore ingenerato nelle vittime delle gravi ripercussioni che avrebbero potuto riscontrare nel caso di mancata ottemperanza alle richieste».